I vostri intrepidi esploratori delle frontiere del cinema si sono incamminati (per essere ad impatto zero) verso Venezia per la 68 edizione del Festival del Cinema.
Accolti da una giornata di splendido sole e di una folla immensa hanno potuto assaporare la magica atmosfera che solo questa rassegna puo’ dare.
Si respira cinema e si inala pura pellicola in formato 35 mm.
L’ingresso in Sala Grande per la proiezione e’ una nuova grande emozione. Non si tratta di una sala immensa, all’avanguardia tecnologica o dal look strepitoso.
E’ pero’ la sala dove si fa la storia del cinema italiano, le sedie che hanno ospitato le terga dei piu’ grandi registi ed attori, il palcoscenico dove vengono assegnati i premi principali del Festival. dove idealmente viene posta la corono d’alloro agli imperatori della settima arte.
Per noi basta ed avanza.
In Sala Grande si proietta “Cose dell’altro mondo”, il bel film di Francesco Patierno che parla con i toni della commedia (anche grottesca a volte) di immigrazione, intolleranza e delle troppe ipocrisie che avvolgono la nostra società.
E’ presente il cast, un all-star del cinema italiano con Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea e la bellissima Valentina Lodovini.
Nel nostro scatto fotografico (emozionato visto il momento) potete anche vedere il regista a sinistra di Abatantuono e poi a destra la sceneggiatrice Giovanna Koch e Simone Cristicchi, il cespuglio umano autore della colonna sonora.
Pur se con qualche discontinuità di ritmo il film alla fine piace a tutti gli spettatori che applaudono con convinzione e il cast (con anche i giovani protagonisti della pellicola) si concede alle foto e agli sguardi felici dei presenti.
Prima del film di Patierno viene proiettato il corto “A Chjàna” che racconta con un stile sgranato e molto efficace emotivamente gli scontri del di Rosarno. In sala il regista Jonas Carpignano e gli attori che ricevono una corposa dose di applausi.
Questo cortometraggio ha vinto il Premio Controcampo per la categoria e noi ci illudiamo (presuntuosi come siamo !!!) di avergli in qualche modo portato fortuna con la nostra presenza.
Sabato sera ci mette duramente alla prova con 2 film 2 consecutivi. Non siamo piu’ in Sala Grande, ma al Palabiennale una tensostruttura molto piu’ grande, ma molto meno affascinante. Purtroppo trovare i biglietti nella sala principale e’ una impresa che non siamo riusciti a bissare.
La serata prevede per primo “Contagion” il film di Steven Soderbergh con Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Marion Cotillard, Kate Winslet e Laurence Fishburne.
Un parata di stelle che nemmeno nelle costellazioni potete ammirare. Tutto pero’ per un risultato finale mediocre. Ci si domanda il classico “perche’” ?
Non capiamo davvero il senso del film, ne’ calcato sulla pura spettacolarità hollywoodiana, ne’ con puro stile documentaristico, ne’ opera di profonda riflessione.
A seguire l’opera seconda di un artista greco che non abbiamo mai visto e penso mai vedremo in Italia.
Yorgos Lanthimos dirige “Alpis” e per descrivere questa opera lascerei spazio alle parole dell’”Amica del Cinema” Cristina:
“Il film Alpis del regista greco Giorgos Lanthimos ci racconta una forma estrema di recitazione: si tratta di impersonare individui appena morti di fronte a coloro che li amavano in vita.
L’idea, forse, è quella di rendere meno traumatica la mancanza causata dalla morte. Il gruppo di attori estremi si chiama Alpis, cioè Alpi, ed è guidata da un capo Mont Blanc che assegna i ruoli secondo un suo spietato e inappellabile giudizio.
Il film è una riflessione sull’identità e di come questa sia intimamente legata al desiderio e all’amore degli altri verso ciò che per loro rappresentiamo. Peccato però che questo concetto pensato da Lanthimos non diventi mai un concetto vissuto nel film e nell’animo dello spettatore. Cosicchè la sceneggiatura è un insieme di improbabili frasi recitate da personaggi privi di vitalità e che non sembrano crederle proprie, la trama è sfilacciata, il ritmo più che lento. Forse Lanthimos, reduce da una candidatura all’oscar per miglior film straniero con Kynodontas (in inglese Dogtooth), qui si è preso un po’ troppo sul serio. E’ partito da un’idea forse geniale, ma realizzandola ne ha prodotto un film quasi inguardabile.”
Dopo le fatiche del sabato (la sveglia per alcuni era stata alle 4.40) affrontiamo la domenica con piu’ tranquillità e ci programmiamo un solo film. Il resto e’ trascorso passeggiando per il Lido, sbirciando gli attori che sbarcano all’Hotel Excelsior con i vaporetti-taxi (riconosciamo un enorme Giuseppe Battiston, una traballante Patti Smith e Serra Yilmaz, la musa turca di Ferzan Ozpetek) e gli attori minori che sfilano sul mitico “red carpet”.
Il grande finale del nostro weekend del cinema e’ affidato a “Poulet aux prunes” (ovvero “Pollo alle prugne”), la seconda fatica della regista/fumettista iraniana Marjane Satrapi.
Aveva affascinato il mondo con il bellissimo “Persepolis” e anche questa volta colpisce nel segno con un film che e’ in realtà una favola, dolce e amara come puo’ essere la vita.
Protagonista della pellicola è Nasser Ali Khan (Mathieu Amalric), un famosissimo suonatore di tar, che decide di lasciarsi morire dopo che la moglie, adirata, rompe il suo prezioso strumento musicale.
La vita di Nasser e’ pero gia’ spezzata da tempo e i ricordi di un passato, dove si mischiano inesorabilmente gioia e dolore, diventano metafora della nostalgia di un Iran che non c’e’ piu’.
Felici per tutte le emozioni di questo lungo weekend posiamo davanti all’ingresso della mostra, il cinema ci ha restituito per un paio di giorni l’entusiasmo che provano i bambini vedendo un luccicante e colorato mondo nuovo.