Mercoledi’ 25 gennaio “The help” e’ stato protagonista dell’uscita degli Amici del Cinema.
Come da buona abitudine apriamo lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film.
Dati Tecnici
Regia: Tate Taylor
Con: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard e Jessica Chastain.
Durata: 137 min
Trama del film
“Aibileen Clark è una domestica afro-americana che ha passato la maggior parte della sua vita a crescere i figli dei bianchi e che da poco tempo ha perso il suo unico figlio; Minny Jackson è una domestica afro-americana dal carattere spinoso e con forti tensioni con i propri datori di lavoro, da cui è stata licenziata più volte, costringendola a farsi in quattro per mantenere la numerosa famiglia; Eugenia “Skeeter” Phelan (Emma Stone) è una giovane ragazza bianca, da poco tornata a casa dopo la laurea, che rispetto alle sue coetanee è un’anticonformista, focalizzata più sulla sua carriera che a mettere su famiglia. Le storie di queste tre donne si intrecciano, portandole a lavorare segretamente a un progetto che scuoterà la società di Jackson, divisa ancora tra bianchi e neri a causa delle tensioni razziali.”
Ho trovato The Help un film carino e piacevole seppur con alcuni limiti. Concordo con Cristina con la struttura un po’ a favoletta, le cattive “bianche casalinghe disperate” (e in contrapposizione lo stereotipo della finta oca e della ragazza moderna, alternativa ed emancipata) e le “nere tutte buone e angeliche”, e aggiungo la furbata della commozione a comando in una scena costruita ad hoc, tuttavia la storia alla fine emerge nonostante tutto, che è poi quella di raccontare in maniera più o meno intima e femminile, perché come scrive Davide, questa è una storia di donne, cosa sia passato nella testa di queste donne che hanno lasciato i loro figli per occuparsi di quelli di chi poi le ghettizzava, le emarginava e con tanto di legge ufficiale. E’ vero che non si percepisce la situazione drammatica di quel periodo, che il Ku Klux Klan e l’apartheid sono solo accennati (stranamente l’autobus non è un problema se non quando c”è tensione e vengono lasciate per starda!), ma la denuncia dei diritti civili calpestati e del razzismo odioso non credo vogliano essere la chiave del film, quanto invece dare voce alla condizione di donne, madri e tate, e questo credo che poi è proprio quello che il film lascia, insieme alla speranza che la solidarietà, femminile in questo caso, alla fine vince.
peccato che non abbia dato risposta alla domanda trainante del film “cosa si prova ad accudire i bimbi degli altri lasciando a casa i propri”, e la domada era pure esplicita !!!!
Benigni ci ha insegnato che si può raccontare favole su tutto, ma ci vuole la giusta ironia. Io credo che sia stata un’occasione sprecata.
La risposta era in quel guardare la foto del figlio morto per omissione di soccorso e non riuscire ad aggiungere altro, nel mantra ripetuto alla bimba trascurata dalla madre, nella sofferenza di Constantine e di Aibileen nel lasciare sì il loro lavoro, ma soprattutto le “loro” bambine, nelle raccomandazioni dia mamma Minny alla figlia che si accinge a fare lo stesso lavoro… Risposte forse superficiali, forse potevano essere approfondite di più per dare maggior spessore al film.
Il film The Help mi è sembrato un bel prodotto alla melassa e al caramello, costruito appositamente per conquistare qualche premio alla serata degli Oscar. Sarà anche perchè è una produzione della Disney, ma fin da subito l’impressione è stata quella di assistere ad una bella favola, dove si contrappongono i classici personaggi cattivi ( le streghe e matrigne bianche) a quelli buoni ( le balie salva-bambini nere e la fatina bianca). Senza nulla togliere alle capacità recitative delle attrici principali, gli elementi favolistici prevalgono e la realtà storica è ampliamente semplificata e edulcorata. Il film è un piacevole intrattenimento, buono e godibile come la torta di cioccolato o il pollo croccante di Minnie….è come un regalo scintillante, dove il contenuto, è di minor valore della confezione..
…ma non sarà un brutto giudizio a impedirci di continuare a finanziare le star hollywoodiane e i loro polpettoni.. fatemi leggere qualche giudizio sulle “splendide interpretazioni” o sulla “sublime regia” o ancora “magnifiche scene” il risultato finale è che un film americano è, e deve essere un splendida scatola vuota che noi volta per volta riempiamo con le nostre proiezioni… ma posso continuare con i “favolosi abiti” la “strepitosa fotografia” ma poi se facciamo mente locale non ricorderemo una dico una sola storia non un solo racconto…. solo bellissime confezioni regalo vuote…
Nonostante abbia visto un mese fa il film, in un’anteprima in pompa magna con tanto di stato maggiore della Mondadori schierata e intervista all’autrice, il film me lo ricordo abbastanza bene e vorrei contribuire al dibattito. Questo è un film femminile e molto contestualizzato; parla dei rapporti interraziali (praticamente solo femminili) del profondo Sud degli Usa negli inizi deli anni ’60 del secolo scorso. Femminili sono i mezzi con cui la lotta si estrinseca…rispetto agli uomini c’è molta più sottigliezza e (forse) perfidia…la bianca “amica dei negri” viene isolata, le viene fatta terra bruciata intorno (l’autrice, K. Stockett , lo sa bene in quanto lo ha subito in prima persona, o almeno così ha detto) ; le personalità delle donne di colore sono diverse e sfaccettate, così come le loro esperienze…il dolore di una madre che cresce i figli degli altri (bianchi per di più, a cui verrà insegnato a disprezzarla) non potendo allevare il proprio lasciato morire per omissione di soccorso, la soggezione anche fisica della linguacciuta cuoca (della “torta” famosa) nei confronti del marito ed altre ancora rendono un credibile affresco della vita di allora. L’atmosfera ovattata delle ricche bianche, la loro superficialità, la loro vacuità di interessi in confronto con le durissime condizioni di lavoro e i soprusi legalizzati (posti riservati sugli autobus – su questo argomento un film da non perdere è “La lunga strada verso casa” – bagni separati, umiliazioni non punite) è reso molto bene..forse perchè l’autrice non si è inventata niente, ma ha semplicemente attinto dal suo vissuto giovanile. Probabilmente per rendere meno duro il quadro emerso dei bianchi razzisti del sud sì è tentato di alleggerirne la posizione mettendoci dei personaggi bianchi “positivi” (che comunque, la storia ci insegna, ci furono pure in quel contesto di ottusità e mediocrità). Un’osservazione “politica”che avvalora il contesto dipinto nel film secondo cui non tutti i bianchi erano dei poveri idioti: Condoleeza Rice , la donna di colore che arrivò alla più alta carica governativa prima di Obama, era bambina in quegli anni a Birmingham, Alabama (posticino che Martin Luther King disse essere il paese più razzista d’america): fu costretta a proseguire gli studi altrove grazie all’aiuto di un professore bianco lungimiranrte; se fosse restata lì non avrebbe potuto farlo..e divenne repubblicana proprio perchè coloro che impedivano l’accesso ai seggi dei neri erano del partito democratico…Per tornare al film direi che le prove delle attrici rivaleggiano l’un l’altra per credibilità, Viola Davis ma non solo..In generale secondo me un buon film con punte eccezionali (recitazione superlativa) e qualche caduta (forse per rendere meno indigesto il film al Sud i già citati “bianchi buoni”)
Concordo sulla recitazione, per il resto rimango fuori dal coro, forse nell’approccio al femminile manca la conflittualità, ma a me sembra che quando le donne vogliono riescono ad essere aggressive e conflittuali come qualsiasi uomo.
Forse il peggior film della stagione. Lungo, falso, melenso e tradizionalista. Racconta un America che non esiste, fatta solo di buoni sentimenti ed in cui gli “americani buoni” sconfiggono il razzismo. Non c’è nulla di credibile. Non c’è la tensione e la paura che dovrebbe assalire le cameriere prima di iniziare il racconto (è dichiarta, ma non è trasmessa). Non c’è il conflitto sociale (siamo nei tempi del Klux Klux Klan, ma non si nota). Le case delle cameriere sono linde e ordinate come quelle delle loro padrone (ma se non erano mai a casa e quando lo erano i mariti spesso le riempivano di botte, cosa che si risolve in un timido occhio nero). Ma anche l’aspirante giornalista non è credibile, per lei è tutto facile, non ha una reazione ai racconti, come se in fondo sapesse già tutto. Ma la cosa più incredibile riguarda Hilly, minaccia apertamente la giornalista per farsi pubblicare l’annuncio sul bollettino, per poi non agire quando lo pubblica sbagliato (a proposito temo che non via sia assonanza tra water e soprabito, per cui non si può nemmeno dare la colpa al tipografo) mettendola in ridicolo.
Un tipico film americano, anche ben fatto, ma dove si percepisce la necessità di lavarsi i sensi di colpa, forse bisognerebbe ricordargli che ci hanno messo altri 70 anni ad eleggere un presidente nero.
Concordo con Omer, film melenso e tradizionalista, falso
anche se salvato da una buona recitazione
… “commodes” vs “coats”, in effetti uno scambio un pò azzardato comunque!
Grazie Annafranca, mi confermi che è uno sbaglio forzato e voluto.
Alice, iniziavo a pensare di essere il solo a cui non era piaciuto