Emozionante ed intenso l’incontro con questo film e con la giovane regista siciliana Costanza Quatriglio, presente lunedì sera all’anteprima milanese organizzata da Antonio Scancassani, storico proprietario del cinema Mexico.
Liberamente tratto dal libro omonimo, pubblicato da Einaudi, il film narra la storia di Vincenzo Rabito, un povero bracciante siciliano, che per gran parte della sua vita fu analfabeta, ma che in tarda età si dedico alla scrittura, inventando una lingua del tutto originale ( un misto di dialetto ed italiano) per raccontare la sua autobiografia. Sullo sfondo della sua storia personale, narrata in migliaia di pagine dattiloscritte e legate con la corda a formare quaderni, si dipana la storia del nostro paese. E’il racconto autobiografico di un uomo umile che, attraverso la stesura della propria autobiografia, rilegge la storia italiana, con il linguaggio veemente ed appassionato di un cantastorie. La voce narrante del film, il bravissimo Roberto Nobile, legge le pagine del diario di quest’uomo, mentre scorrono e si alternano sullo schermo immagini della nostra storia italiana ( tratte dallo straordinario archivio dell’Istituto Luce), immagini dei luoghi del lungo viaggio del protagonista, sperimentazioni visuali, interviste ai figli. Ad arricchire il repertorio visivo le sonorità elettroniche del bravo compositore Paolo Buonvino.
Al termine della proiezione la regista Costanza Quatriglio ha narrato il suo lungo lavoro di ricerca per predere contatto ed appropriarsi di un territorio a lei non noto, i luoghi della provincia di Siracusa che segnano la nascita e la morte di Rabito (il fim si apre e si chiude con le immagini del vicolo dove il protagonista è nato e ha trascorso gli ultimi anni di vita).
Forte delle precedenti esperienze registiche ( in particolare documentari) la regista aggiunge di essersi trovata a proprio agio nel lavoro con gli attori non protagonisti del film, i tre figli del protagonista. L’incontro con i tre figli è stato per lei un’occasione per conoscere, attraverso i loro diversi caratteri e le loro diverse modalità, l’animo di Vincenzo Rabito. L’incontro con il testo di Rabito, con la sua scrittura forte, fisica, “fatta di muscolo sulla pagina”, le ha richiesto un lavoro di ascolto e rielaborazione, fino alla restituzione in stile documentaristico, volutamente avulsa da ogni intenzione di giudizio.
Il risultato di questo intenso lavoro di ricerca è un’intensa e toccante narrazione epica della storia italiana, lontana da asettici manuali di storia, ma fedele alla memoria emotiva di chi l’ha vissuta.
Un film-documentario che per poco più di un’ora si regge quasi interamente sulla forza di immagini storiche di repertorio e, cosa molto particolare, sui caratteri di una scrittura che, per farsi bella, vorrebbe vestirsi di Italiano, ma che Italiano non è, senza per questo perdere in valore ed incanto. Parola scritta e narrata si sposano con le immagini fino a diventare un insieme di grande effetto. Lo spettatore diventa così ascoltatore di una narrazione, davvero come dinanzi ad un cantastorie!. A scorrere davanti a sé i travagli di un umile analfabeta, Vincenzo Rabito, la vita per lui da subito in salita, la brutalità della guerra, il ritorno e la ricostruzione, le gioie e la riscossa anche attraverso la paternità. Particolarmente intensa la parte relativa all’esperienza vissuta in prima linea in guerra e alle brutture che a questa si accompagnano. Più leggero lo sguardo al percorso “politico” vissuto dal protagonista -socialista, fascista, comunista in base alle opportunità che una scelta di campo assicurava. Complicato tradurre in immagini una storia scritta da chi solitamente la storia non la scrive, semmai la fa, ma molto riuscito il tentativo di cogliere l’essenziale di questa storia, comune alle generazioni che ci hanno preceduto e che ha il sapore del sacrificio, dell’umiltà e della responsabilità.