La Parte degli Angeli (The Angels’ Share)

Ed ecco lo spazio dedicato a tutti i vostri commenti sul film “La Parte degli Angeli”

 

Dati Tecnici
Regia: Ken Loach

Con: Paul Brannigan, John Henshaw, Gary Maitland, Siobhan Reilly, Jasmin Riggins

Durata: 110 min

 

Trama del film

Robbie, è un ragazzo di Glasgow che cerca di liberarsi della faida famigliare che lo tiene prigioniero. Quando entra di nascosto nel reparto maternità dell’ospedale per far visita a Leonie, la sua giovane ragazza, e prendere in braccio per la prima volta Luke, il figlio appena nato, Robbie è sopraffatto dall’emozione e giura che Luke non avrà la vita di privazioni che ha vissuto lui. Mentre sconta una condanna a svolgere lavori socialmente utili, Robbie conosce Rhino, Albert e Mo, per i quali un impiego è, come per lui, poco più di un sogno remoto. Robbie non immagina certo che dandosi all’alcool le loro vite cambieranno. Che ne sarà di Robbie? Lo aspettano altre vendette e violenze o un nuovo futuro con la uisge beatha, la ‘acqua di vita’? Solo gli angeli lo sanno.

 

Trailer del film

http://www.youtube.com/watch?v=WizDm4ZmJTo

 

 

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  1. Stefano Chiesa scrive:

    Se siete stufi dei soliti film di Natale, se odiate i cinepanettoni, i consueti vampiri, i comici da tv trapiantati sul grande schermo, c’e’ una valida alternativa che potrete trovare in sala sicuramente fin oltre l’epifania.
    “La parte degli angeli (The angel’s share)” è l’ultimo film del regista britannico Ken Loach, famoso per le sue opere di forte denuncia sociale, che per una volta (qualche anno dopo l’ugualmente divertente “Il mio amico Eric”) si cimenta con una commedia brillante. Che comunque parte sempre da un tema sociale (la disoccupazione) seppur trattato con sorprendente leggerezza.
    Il film racconta la storia di Robbie, un ragazzo di Glasgow che cerca di liberarsi da un passato di violenza che lo ha portato ad essere condannato a molte ore di lavori sociali. Robbie per amore del suo figlio Luke appena nato promette di rigare dritto e di cambiare vita. Ma per uno come lui non è certo facile trovare un lavoro e dimenticare il passato.
    Quando pero’ Robbie e i suoi amici visiteranno una distilleria scozzese di whisky verranno ispirato a tal punto da decidere che questo potrebbe veramente cambiare la loro esistenza.
    Il film racconta una storia di seconde possibilità, ambientato in una Glasgow grigia dalle poche speranze di rivalsa sociale, ci mostra come nonostante le difficoltà e la poca fiducia degli uomini ci sia ancora la possibilità di sognare un mondo migliore o almeno una propria esistenza migliore.
    Grazie anche a qualche angelo che ogni tanto incrociamo sulla nostra strada.
    Il cast è composto da attori poco famosi, ma davvero nella parte, gli stupendi panorami della Scozia ci aprono il cuore e la sceneggiatura evita ogni retorica e ogni eccessiva melensassigine.
    E’ un Ken Loach da gustare fino in fondo come “uisge beatha”, il whisky scozzese (o “acqua di vita”) del quale alla fine anche noi siamo tutti dei piccoli esperti.
    E sulle note delle canzone dei Proclaimers “I’m Gonna Be (500 Miles)” usciremo dalla sala cinematografica con il sorriso e con un po’ di ottimismo in piu’.

    • Davide Righini scrive:

      Parto dalla fine dell’articolo di Stefano…”Five hundred miles” è stata una scelta perfetta col suo accento che più scozzese non si può e con la sua melodia “strana” ma incredibilmente energica….ottimo contorno per una storia “minima” che non esiterei a definire di riscatto sociale. Pur essendo lontano dalle posizioni di Ken Loach non posso però che rimanere affascinato da suoi dipinti cinematografici quasi caravaggeschi degli “ultimi” della scala sociale. “I soliti ignoti” in salsa scozzese con meno comicità ma più denuncia sociale (e senza sconti…il pestaggio gratuito del protagonista (subito e rifilato) non dà alibi. Come già ne “Il mio amico Eric” il (lieto?) fine non scende dal cielo gratuitamente ma si palesa solo con la fraterna unione delle forze che da sole non riuscirebbero a farcela…virtù rarissima quella di parlare con leggerezza di temi così “umani”…e con l’ancora più rara caratteristica di non essere retorico (peculiarità questa tipica del mondo anglosassone).
      Uno dei pochi film della stagione da cui si esce dalla sala pensando. Quando vedrò un film del genere in Italia sarà un gran giorno :-)

  2. Elena Costa scrive:

    Adoro Ken Loach e ho visto tutti i suoi films e li ho nella mia dvdteca…questo mi è piaciuto moltissimo e lo consiglio vivamente! Uno di quelli che io chiamo IMPERDIBILI!
    Fra la cruda realtà di una società squilibrata, c’è sempre chi cerca di sopravvivere, chi si dà da fare per cambiarla, anche con piccole azioni e piccoli gesti che sembrano inutili, ma che fanno invece la differenza. Un film pieno di cuore e amore sociale e umano, a tratti drammatico ma per lo più brillante e divertente.
    Si ride e si pensa e si partecipa alla beffa, alla rivalsa sociale, alla fatica del sopravvivere di certe realtà in cui si nasce e che paiono senza via di scampo.
    Ma questo fa Loach: ci dà la speranza, che è lotta, voce e azione, così come dovrebbe essere la vera vita oltre i suoi bei films. Si impara sempre da gente che fa del proprio lavoro un mezzo vivo e sociale. Fantastico! Mi ha commossa, divertita ed emozionata. Un ottimo risultato.
    E mai arrendersi…

  3. Pietro Diomede scrive:

    La parte degli angeli, nel gergo dei distillatori, è la percentuale (solitamente il 2%) di whisky che evapora dalla botte e che giustamente vola in cielo……
    Per Ken Loach la parte degli angeli è un pretesto, una metafora della seconda opportunità che il 2% dei disadattati della società meritano.
    Dopo la parentesi mediorientale Ken il rosso ritorna nella sua seconda patria, la Scozia, per raccontare il riscatto di quattro soliti ignoti in kilt.
    Quel che sorprende in questa ultima opera è la scelta della messa in scena…..pur trattando tematiche tanto care il regista cambia registro virando su una commedia di chiaro stampo british.
    Rispetto a My name is Joe tiene fuori l’amarezza del personaggio conservando il lato goliardico….è come se desse la chance di una vita nuova al protagonista di Sweet Sixteen.
    Al centro della storia c’è Robbie (che ha la faccia da canaglia e il corpo ossuto di Paul Brannigan), 23 anni una vita segnata da genitori sbandati e violenti che hanno reso sbandata e violenta anche la sua, seppur breve, vita e i segni li porta ancora in volto con una cicatrice che ha lasciato segni indelebili anche nell’anima…..Robbie sta per diventare padre e vuole garantire un futuro migliore e decente alla sua compagna e a suo figlio……soltanto che Robbie deve scontare 300 ore di lavori sociali per colpa di una faida che dura dalla notte dei tempi.
    E questa esperienza lo mette a contatto con altri 3 border line come lui e soprattutto con Henry l’educatore che cerca di metterlo sulla retta via iniziandolo al meraviglioso mondo degli intenditori di whisky e da questo momento la storia prende una piega commedy che consiglio a tutti di andare a vedere al cinema.
    Il film è nettamente spaccato in due come se l’opera di redenzione avesse colpito lo stesso regista (e come ha dichiarato lo stesso Moretti è questo l’elemento che ha spinto la sua giuria a premiare il film con il Prix de la Jury)…..l’inizio è il classico working class movie alla Loach con i protagonisti presentati grazie ai loro reati dentro un’aula di tribunale e scene di grande intensità emotiva che raccontano il disagio del protagonista……toccante il tentativo di vedere il figlio appena nato all’ospedale e ancora di più toccante la scena dell’incontro tra il teppista Robbie e una delle sue vittime con la famiglia dove Loach ci vuol far capire chi è in realtà il protagonista e soprattutto cosa è adesso una volta diventato padre…..poi vira verso una stangata di matrice proletaria dove il regista si concede anche un happy end che non disturba affatto……perché dare una seconda chance alla parte degli angeli con la faccia sporca può valere il miglior whisky del mondo (mi viene la lacrimuccia solo a pensarci).
    Voto 8,5

  4. Ugo Besson scrive:

    Amo il cinema di Ken Loach, la sua semplicità e intensità, il suo impegno e l’attenzione a temi e situazioni collocati in un contesto preciso. Quindi il mio giudizio positivo è influenzato da questo amore.
    Mi aspettavo una commedia e invece nella prima parte ho visto tensioni e violenze, direi che il film è una commedia nel senso di commedia umana, luogo espressivo in cui si possono manifestare tutti i sentimenti e le situazioni della vita e della società. Certo, il film sceglie soprattutto il registro leggero e si sviluppa senza tragedie e con lieto fine, ma alterna tensione drammatica e leggerezza, ironia e impegno, violenza e sorriso. Lo sfondo sociale duro e drammatico è presente ed è presentato bene, soprattutto nella prima parte, e poi per tutto il film si esprime l’umanità di questo gruppo di diseredati sociali senza lavoro che vivono di espedienti e di piccola criminalità. Ci sono alcuni ambienti, situazioni, personaggi tipici dei film di Ken Loach. La società economica spietata che stritola chi non riesce a sostenere la competizione o parte troppo svantaggiato, ma anche le risorse di una società che non si limita a punire e reprimere ma ha al suo interno soggetti e istituzioni che proteggono e aiutano chi si trova in situazione difficile. La figura dell’assistente sociale può sembrare retorica ma rappresenta quelle tante persone, che per fortuna esistono, disponibili alla simpatia e all’aiuto disinteressati.
    “Mi sono fatto paura” dice il protagonista, esprimendo in modo suggestivo la sensazione di chi non vorrebbe fare del male ma sa di avere dentro delle pulsioni che possono spingerlo all’improvviso a fare violenze (oppure a rubare, come fa la ragazza del gruppo) e rovinare tutto: “sto per scoppiare, sento che non ce la faccio, che la prossima volta non saprò trattenermi”. C’è la complessità contraddittoria dei sentimenti e dei desideri, la tenerezza per il figlio piccolo appena nato, l’amore semplice per la fidanzata, la voglia di avere una vita serena e onesta.
    Le offerte di somme incredibili per le bottiglie e la botte di whisky rappresentano in modo efficace, solo per accostamento, la contraddizione di una società democratica con troppo grandi differenze economiche, dove qualcuno può spendere per frivole soddisfazioni cifre che un impiegato medio non riuscirebbe a guadagnare neanche in 10 o 20 anni. Il regista ha voluto mostrare anche questo, anche se con il sorriso, ma proprio per questo in modo efficace. Sono suggestivi gli scambi di offerte durante l’asta, a passi di ventimila sterline, alternati alle facce e agli sguardi sconcertati e furbetti dei nostri eroi poveracci. Le differenze sociali sono naturali, ma un loro eccesso inquieta il senso di giustizia e di ragionevolezza, ed è tema di studio dove inizi l’eccesso, quali dislivelli possono essere considerati utili, accettabili, intollerabili o pericolosi per le società democratiche moderne.

  5. Omer Loncours scrive:

    Ken Loach ci dimostra un’altra volta di conoscere molto bene i conflitti sociale della società inglese. In modo ironico e spensierato ci racconta comunque una storia di speranza dove si deve sempre credere che ci sia un’altra possibilità e dove nessuno è irrimediabilmente preduto. Certo non basta solo la volontà e non funziona con tutti, ma se anche per uno solo può valerne la pena. Il contorno sul whisky è carino, ma in alcuni casi poco credibile, certo il mondo delle distillerie e delle degustazioni è raccontato bene, ma, almeno per me, la sacralità di questa bevanda è forse poco rispettata. Vero è che se i britannici sono sicuramente i migliori intenditori di whisky sono anche tra i più grandi consumatori e non sempre di qualità. E’ comunque stato uno spunto interessante per approfondire le tecniche di produzione ed imbottigliamento

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