Qualcosa nell’aria (Après Mai)

Questo e’ lo spazio dedicato a tutti i vostri commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film “Qualcosa nell’aria ” (Après Mai).

 

Dati Tecnici
Regia: Olivier Assayas
Con: Clement Metayer, Lola Creton,  Felix Armand, Carole Combes, India Menuez
Durata: 122 min

 

Trama del film

Nella Parigi degli anni Settanta, il 17enne Gilles cerca di trovare la sua strada tra i fermenti politici che lo circondano e le aspirazioni a diventare un regista. Contrario all’idea dominante di un impegno totale nella politica, cerca nell’arte la via per realizzare sogni e aspirazioni.

Trailer

http://www.youtube.com/watch?v=nxqD3ITN95g

 

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  1. Inter Nos Web scrive:

    Ciao a tutti e complimenti per la competenza critica dei commenti che leggiamo!
    Al netto del gusto e del parere di ognuno, segnaliamo la fanpage ufficiale del film su facebook dove potrete trovare approfondimenti, note di regia, foto, recensioni, interviste al cast, al regista, al pubblico che lo ha visto in sala a Venezia e tanto altro….
    http://www.facebook.com/qualcosanellaria

  2. Cristina Bellosio scrive:

    Ho apprezzato questo film perchè , attraverso le vicende, almeno in parte autobiografiche, del protagonista, emerge un quadro inedito di quegli anni ; come dice il regista stesso a commento del suo film “la rivoluzione” degli anni ’70 ha avuto un risvolto estetico più che politico.
    L’impegno politico collettivo che accomuna e unisce i ragazzi, che li fa sentire parte di un gruppo si trasforma nel tempo in disillusione. Abbandonata le idee rivoluzionarie i protagonisti si allontanano tra loro, perseguono aspirazioni individuali, vanno alla ricerca della propria realizzazione personale. Ne consegue che dal piano della partecipazione politica, il loro percorso diventa ricerca di nuovi linguaggi culturali e artistici. Personalmente condivido la visione del regista : il valore che maggiormente riconosco al movimento degli anni ’70 è quello di rivoluzione di pensiero…le conseguenze artistiche e culturali sono innegabili…quelle politiche, almeno in parte illusorie…

  3. emanuela dini scrive:

    Tutto vero. Eravamo davvero così. Sono coetanea del regista, posso dire “io c’ero”, e e in quegli anni eravamo proprio così. Fumosi, aggrovigliati su noi stessi, dilaniati in questioni social-politico-ideologiche, verbosi e inconcludenti, con la presunzione di andare a insegnare la rivoluzione agli operai, ma poi passavamo le giornate a far niente e spaccare il capello in quattro nelle belle case di famiglie e nei casali in Toscana messi a disposizione dai genitori illuminati e radical-chic. Proprio come si racconta nel film. Un tuffo indietro di 40 anni, atmosfere perfette, clima identico a com’era, comprese le terrificanti esperienze cinefile (impagabili le scene dei film “rivoluzionari” proiettati in piazza). Detto questo, però, il film è parecchio noioso e, secondo me, molto carente a livello sceneggiatura. Non decolla, non racconta, non ha ritmo, non ha uno svolgersi narrativo e neppure un qualche significato. Un bell’affresco di un “come eravamo”, la nostalgia della gioventù, ma poi basta. Noioso e inconcludente. (ovviamente, a parer mio)

  4. Paola Dobelli scrive:

    Oddio, mi dispiace essere una voce fuori dal coro. Ho trovato il film di una noia mortale, senza pathos, senza emozioni, nemmeno percettibili sui volti dei giovani protagonisti. Sesso droga rock and roll condite di rosso, con molti luoghi comuni, superficiale. Forse sono molto disincantata, forse ho sentito e odorato quelle esperienze da vicino, perché ho fratelli più grandi, forse perché una volta da piccola mi è quasi scoppiata una molotov tra le gambe in piazza duomo, e quindi il film non mi sembrava esprimere con decisione la scissione della società, o eri di destra o eri di sinistra (un po’ come oggi…), o andavi in discoteca o al dibattito, o andavi al collettivo o a forte dei marmi con il cabriolet. Questa ovviamente era società italiana, probabile che il maggio francese sia stato così, non so.

    • Omer Loncours scrive:

      Non credo che il film volesse paralre di quello che è stato il maggio farncese (ma anche italiano ed europeo), ma delle contraddizioni che ha generato nel vivere quello che doveva venire DOPO, il tutto senza nessuna presunzione di dare un giudizio. Questo ovviamente può disturbare chi quel period l’ha vissuto e si è schierato, ma per l’analisi di quel periodo abbiamo già visto molti film anche degni di nota

  5. Silvia Serra scrive:

    Sono perfettamente d’accordo con Omer sulla bellezza del film e sul problema del doppiaggio. A questo proposito aggiungo solo una domanda, direi retorica: se comunque si vuole mantenere la tradizione del doppiaggio, perchè non mantenere in ogni caso le diversità linguistiche anche nella versione italiana?

  6. Omer Loncours scrive:

    Partiamo da alcune considerazioni tecniche, la prima riguarda il doppiaggio. Come sia possibile che si facciano ancora doppiaggi per film di questo tipo mi risulta inspiegabile, il film è recitato il almeno tre lingue ed alcune situazioni si perdono totalmente traducendo tutto in italiano. Fortunatamente questo non stravolge (almeno secondo me) la sostanza, ma ne annacqua parecchio la portata. Sempre relativamente alla traduzione credo sia utile parlare del titolo, come è possibile tradurre un titolo dove il DOPO è assolutamente esplicitato, con qualcosa che si riferisce al presente. E’ totalmente forviante, perché il film come scriverò dopo parla di tutt’altro.
    A parte queste considerazioni, tutte da imputare alla distribuzione italiana, direi che il film ha solo pregi. Ci racconta di tutte le contraddizioni di quel periodo, di una generazione che non era circoscritta all’attuale oblio delle idee, ma anzi era decisamente vulcanica. Una generazione cresciuta durante il più grande conflitto sociale, ma che passato il periodo di lotta ne deve gestire il suo lascito. Ed è qui che con grande profondità e senza nessun giudizio il film ci racconta la trasformazioni di questi ragazzi, l’eterna lotta tra l’ideologia e la passione e come sia difficile coniugare questi sentimenti con la vita reale e soprattutto come l’assoluta coerenza non sia un peso che siamo obbligati a portare. In questo la frase simbolo penso sia “vivo nel mio mondo, quando la realtà bussa alla porta io non la faccio entrare”
    Ma credo ci sia dell’altro che suggerisca anche qualche parallelo con i nostri tempi, perché le contraddizioni di quella gioventù assomigliano tanto a tutte le contraddizioni della sinistra italiana che non è mai cresciuta (almeno fino ad oggi) e che mentre perde tempo a capire se è più importante la forma o il contenuto del messaggio, lascia agli altri lo spazio per identificarla come ideologica e divisa (vedi la critica al film proiettato in piazza a Firenze).
    In tutto questo, nel ritrovarsi in tanti frammenti del racconto, un finale assolutamente perfetto, un finale a bianco, come un segno di speranza, dove quasi si legge che tra ideologia e passione quello che segnerà maggiormente la nostra vita saranno comunque queste ultime.

  7. Annafranca Geusa scrive:

    “Après Mai”…perché cambiare un titolo così chiaro con uno che fa intendere un qualcosa che sta per accadere?
    Perché qui è appunto il “dopo”, dopo il Maggio Parigino del ’68 ( infatti si parla del ’71) quando la rivoluzione si stempera e si diluisce nel processo di crescita di un gruppo di liceali che dai grandi ideali e voglia di fare, di ribaltare lo stato stantio delle cose, si ritrova a dover mediare con le delusioni, le illusioni, la realtà imposta dagli altri, le contraddizioni.
    Un film delicato che sfiora queste anime scrutandole nella ricerca della propria dimensione della rivoluzione, nell’arte, nell’impegno sociale, nelle relazioni.
    Un film obbiettivo e ben fatto.

    • Annafranca Geusa scrive:

      Giusto per la curiosità suscitata durante la discussione post film, il film della ballata è “Joe Hill” del regista svedese Bo Widerberg, mentre quello dei sudamericani in marcia è “Il coraggio del popolo boliviano” di Jorge Sanjines (fonte http://www.cinematografo.it, dal commento di Antonello Catacchio de “Il Manifesto” del 17 Gennaio 2013)

  8. Elena Costa scrive:

    Assayas ci regala un quadro generazionale straordinario, bene come sanno fare i francesi. Non ci sono soluzioni, ideologie da sostenere, nostalgie inutili, è un film realista, forse asettico a tratti, ma di altissimo impatto e livello, completo. Viene seguita la vita di alcuni liceali combattivi, ognuno a proprio modo: i rivoluzionari, gli anarchici, gli artisti e le donne. Come donna mi soffermo su di loro: donne autonome, libere, pur sempre alla ricerca di amore, ma di un amore aperto, scelto, interscambiabile, dove l’uomo gira intorno e forse non è il più forte. Chi decide è la donna: cambia vita, cambia città, cambia prospettiva. Fantastica la figura della rossa che se ne va ad Amsterdam ad abortire da sola, una passeggiata pur sempre dolorosa (vedi la scena al suo ritorno) ma senza fronzoli, senza bisogno di altro che di se stessa. Una gioventù affascinata da fumo e droghe, da viaggi in paesi mitici:Afghanstan, Nepal, i guru, lo yoga…..Veramente un bellissimo affresco dove qualcosa gira nell’aria e si sente: la lotta e il cambiamento.

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