La grande bellezza

Mercoledì 29 maggio l’uscita Amicinema ha visto come protagonista “La grande bellezza”

 

Come di consueto, apriamo qui lo spazio dedicato a commenti, critiche e spunti di discussione sul film.

 

 

Dati Tecnici:

 

Regia: Paolo Sorrentino

Soggetto: Paolo Sorrentino

Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello

Durata: 142 min

Genere: commedia, drammatico

Paese di produzione: Italia, Francia

 

Cast:

Toni Servillo ,Carlo Verdone,Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi,Galatea Renzi.

 

Trama:

Jep Gambardella , 65 anni, è uno scrittore e giornalista navigato, dal fascino innegabile, impegnato a districarsi tra gli eventi mondani di una Roma dalla bellezza altrettanto stupefacente.

Momento iniziale del film, e punto di svolta della vita di Gambardella, è il compimento dei suoi 65 anni. Nonostante partecipi a feste tutte le notti, rientrando all’alba, Jep è malinconico e insoddisfatto. Osserva con silenzio ogni piccolo sprazzo misterioso di cui è intrisa la città, ogni frammento eventuale di bellezza improvvisa o richiamo alle origini.

Roma diventa teatro onirico di siparietti, vignette, presagi e incontri casuali. Altissimi rappresentanti del clero e spogliarelliste dai segreti oscuri. La morte che colpisce sempre più vicino. E Jep cammina, riflette, rivive. Alla ricerca di una bellezza che solo una santa vivente, venuta da un mondo troppo distante dal suo, è in grado di ricordargli.

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  1. Manuela Geri scrive:

    Ho registrato quasi per intero l’incontro con il regista (simpaticissimo e modesto, tra l’altro). Se lo ritenete opportuno, anche magari per ridimensionare certe elucubrazioni mentali che lui per primo ritiene eccessive, cerco di caricare gli spezzoni più interessanti… Personalmente concordo con SIlvia e Vito…concisi (ah, che dote!) ed essenziali…

  2. Cristina Bellosio scrive:

    Non definerei “La grande bellezza” un film da annoverare tra i capolavori. Le scelte musicali sono raffinate, è innegabile la potenza visiva delle immagini e la ricercatezza delle inquadratrature ( bellissima la fotografia di Luca Bigazzi), ma l’elegante ricerca della suggestione visiva contrasta con una sceneggiatura frammentata, confusa e mal sostenuta dal costante ricorso a citazioni letterarie, a frasi d’effetto, che non aggiungono significato vero al potere evocativo delle immagini. Nella seconda parte il film sembra perdere del tutto un filo narrativo e cerca affannosamente di attribuire significati evocativi ad inquadrature eccessivamente ripetute ad es. i primi piani della suora incartapecorita che pronuncia frasi ad effetto come “mangio radici perchè voglio tornare alle radici”…”la povertà non la si può raccontare, ma si vive”. Inevitabile, nella mia mente, il paragone con ” A tree of life ” di Malick : grande ricerca di immagini, che solo a tratti sanno trasmettere suggestioni profonde, accanto ad una trama narrativa incoerente.

  3. Silvia Serra scrive:

    Bellissimo, a mio avviso. Felliniano, si , molto felliniano, in questa Roma inquieta, lontanissima dalla vita quotidiana dei comuni romani, con personaggi grotteschi, irreali, eppure vivissimi . Splendida la maniera in cui Sorrentino riesce secondo a “trascinarti” dentro questa storia assolutamente incredibile, alla ricerca di questa bellezza che mai sarà trovata. Sicuramente da rivedere, anche se ora mi sorge il dilemma: preferisco La grande bellezza o This must be the place?:-)

  4. Vito Capozzo scrive:

    Questi vitelloni giovani e vecchi che passano le nottate alle feste, sempre alla ricerca di qualcuno che li ascolti, pronti a esibirsi.
    E’ un mondo vuoto quello frequentato da Jep Gambardella, sullo sfondo una Roma splendida fatta di musei, opere d’arte, paesaggi. Solo i turisti stranieri riescono a stupirsi e ammirano queste bellezze (un giapponese muore dopo aver visto tanta bellezza), il popolo della notte no, vive di musia a palla, ostentazione di ricchezza.
    Questa voglia di partecipare alle feste, di vivere a fianco del divo, o presunto tale, del ricco, o presunto tale, il botulino, la cocaina, il denaro
    sembra quasi voler scacciare la paura della morte.
    Proprio un gran bel film, Servillo è straordinario.

  5. Annafranca Geusa scrive:

    “La grande bellezza” è un film, a mio avviso, non proprio riuscito, con troppi spazi di già visto, di riproposto, ma alla fine mi accontento e non di poco: il personaggio di Jep Gambardella (un grande Toni Servillo) e il contesto di una sempre sorprendente Roma (quanta bellezza che non ho ancora scoperto della città?!), gli sprazzi che Jep ricerca quotidianamente, i quadri di bellezza reale e di immagini surreali e meravigliose (la giraffa nelle Terme di Caracalla e i fenicotteri sul balcone, la terrazza sul Colosseo, il coro sul Gianicolo, le svolazzanti suorine, la passeggiata pigra e riflessiva sul lento Tevere) a cui si contrappongono la miseria e la vacuità umana e tutte le “performance” senza senso per giustificare il vivere, per dare senso all’esistenza.

    Alla soglia dei 65 anni Jep sente l’urgenza di trovare la “grande bellezza”, compito rimandato per troppo tempo in una vita vissuta di apparenza e di superficialità.
    La crudezza di Jep nello scorticare, strappare le apparenze per tirarne fuori un senso è un tentativo fallimentare che lui alla fine accetta rassegnato, ma ha bisogno di farlo. Niente si sottrae all’occhio cinico di Jep, dall’arte contemporanea, dalla religione del salottiero cardinale (un perfetto Herliztka) all’amica civilmente impegnata che Jep distrugge in un momento di recitazione in cui Servillo appare proprio in stato di grazia, al finto dolore nel funerale di un giovane malato di “malinconia proustiana” e la cui solitudine smuove però per un attimo l’animo di Jep.
    La disillusione la fa da padrona: Romano (Verdone), Ramona (Ferilli), Andrea (Marinelli) e sua madre ne escono distrutti in vari modi e senza un perché.
    Ma alla fine il cinismo è così forte che non è chiaro se Sorrentino salvi qualcosa (la “santa”? il primo amore?) oppure no! Oppure tutto è rigettato nello smarrimento di Jep davanti al ricordo di un amore, fugace per lui, profondo e ininterrotto per lei, dove, ammette, “tutto è cominciato”.

    • Cristina Ruggieri scrive:

      Sorrentino secondo me salva l’essere umano. Che è capace, lui sì, di momenti di grande bellezza. Che possono anche essere la banalità di una serata passata assieme davanti alla televisione, a condizione di farlo col cuore, volendosi bene.
      Perchè nel mondo dell’apparenza, del successo, dei soldi, della cocaina, del sesso a gogo, ciò che manca è proprio la bellezza del volere/volersi bene.

  6. Pietro Diomede scrive:

    E’ possibile fare un film sul nulla, fatto di nulla che porta al nulla…..Sorrentino ci è magnificamente riuscito con “La Grande Bellezza”.

    Il film ha per protagonista la Roma di oggi…..una città che ha mantenuto la sua eterna bellezza ma che è popolata nel suo sottobosco da una società fortemente cafona, pseudo intellettuale che gira a vuoto su stessa tra una festa spiccatamente esagerata e chiacchiere alla Maurizio Costanzo Show nelle terrazze vista Colosseo.

    I rimandi e i parallelismi sono certamente quelli nobili del Fellini de La Dolce vita di Via Veneto o l’aspetto iconoclasta di Roma. E sempre felliniano è il rapporto che lega il regista con il suo alterego Jep Gambardella……occhi napoletani che scrutano e giudicano la realtà che lo circonda.

    Se queste sono le analogie, forti sono le differenze che fanno de “La Grande Bellezza” un film che ha una personalità propria e che si identifica in quella del suo regista.

    L’Io narrante, Jep Gambardella, non è un semplice osservatore del costume del suo tempo (come fu Mastroianni) ma è uno scrittore che ha scritto il suo unico libro a 26 anni (vincendo un Bancarella) e che ha realizzato il suo reale sogno……quello di non vivere solamente la mondanità ma di esserne il re, circondato da una corte dei miracoli di sudditi che ballano e annaspano pur di essere presenti e apparire.

    Il protagonista, perfettamente incarnato nella fisicità di Toni Servillo, si diverte e sguazza in questo mondo e il suo mestiere di giornalista di una rivista trendy lo mette nelle condizioni di disporre della sua lingua tagliente per lanciare stilettate precise e micidiali al mondo che lo circonda.

    Bellissima la discussione dove zittisce Galatea Ranzi attivista di sinistra, mamma e donna con le palle vomitandole con il sorriso tra i denti le contraddizioni della sua vita meschina oppure quando racconta e poi rappresenta la mondanità di un funerale.

    Il film non ha una sua struttura propria va avanti a forza d’inerzia come i suoi protagonisti, come quei calendari dove strappi il giorno passato e vivi il presente per poterlo strappare l’indomani.

    E’ un susseguirsi di situazioni e personaggi al limite dell’assurdo e del paradosso….dalla ricca vedova che non riesce ad avere uno straccio di rapporto con il figlio mandandolo da svariati analisti, allo scrittore sfigato sfruttato dalla starlette di turno (un malincomico Carlo Verdone), all’annoiata milanese che si fotografa nuda per mettersi su Facebook a una strabordante Serena Grandi parodia di se stessa (da vedere assolutamente la scena dal chirurgo estetico alternativo per credere) fino ad arrivare a un clero fortemente ridicolizzato dove monache di clausura guardano avidamente mandinghi di una tribù lontana e un cardinale che invece di dispensare speranza dispensa ricette manco fosse la Parodi……il vero contro senso è che in questo nulla c’è tanto pure troppo e la sensazione è che a un certo punto Sorrentino è sembrato un po’ fagocitato da questo pigro errare verso il finale dando la sensazione che se il film fosse durato una mezz’oretta in meno avremo assistito ad un autentico capolavoro di critica della società contemporanea…..invece abbiamo “solo” un ottimo film

    Voto 7/8

  7. Elena Costa scrive:

    Con un’aria molto felliniana fin dall’inizio, ma dalla quale poi si scosta, assumendo una vita propria, il regista ci regala una profonda analisi della società superficiale, vuota, scarna di valori, in cui siamo immersi. E lo fa con un paragone per me straordinario: una Roma meravigliosamente bella con la sua Arte secolare ed intaccabile, una bellezza fuori dai soliti stereotipi turistici finalmente, l’Arte per l’Arte, indiscutibile. E in contrapposizione la Bellezza vana, a tutti i costi, anche mascherandosi di ipocrisie, di finto divertimento, di jet set criticante e criticabile. La Decadenza di valori, la decadenza dei corpi, che per reggere questo ritmo di apparenza, ricorre a droghe e botulini vari. Ma ci sono anche cose non così scontate, come l’INTELLIGENZA in un CORPO NANO, che molto dice di simbolismo nel film. Chi cerca di scostarsi da questi cliché sta male, è un diverso, prova disagio esistenziale, soffre: e quindi vediamo Jep Gambardella che cerca di rinnegare ed allontanare tutto ciò, di fuggire da questa vita vuota e dissoluta e sognare il mare (bellissimo per me il soffitto e i suoi occhi nostalgici che lo riportano alle origini), tentare in mille modi di sottrarsi, ad esempio non essere più diplomatico in società, non avere freni e dire la verità è un modo per essere se stesso, per smascherarsi. Ma anche altri personaggi: vedi il ruolo di Verdone e della Ferilli, direi i PURI DI CUORE, passatemi il termine, oppure i sognatori ingenui. Molto cinismo, sarcasmo, che spesso ci strappa la risata su un’immensa SOLITUDINE, su una vertigine. Mette molti argomenti in questi capolavoro, Sorrentino, al punto che la gente che non ha elasticità di senso critico o attitudine, si perde e non riesce a focalizzare tutto. Ecco la RELIGIONE molto ben criticata nelle due figure del vescovo e della suora che sa tanto di Madre Teresa, voce spirituale del film che dice chiaramente.”bisogna avere radici a cui tornare”(e il volo dei fenicotteri),(bella la sottigliezza fra le ricette ostentate e ricche del vescovo e il bisogno di mangiare radici della suora incartapecorita). Ecco la satira sulla MORTE e i funerali, grandiosa, la boutique dove si sceglie l’abito adatto e la lezione di comportamento che ci regala Servillo. Ecco la DROGA che serve a sopravvivere in un mondo che latita di valori. Ecco il CIRCO, la vita stessa (oltre che felliniano, per me anche molto pirandelliano, bellissima la scena della giraffa). A me è sembrato un film grandioso e non scontato e ci vuole molta saggezza di regia e di sceneggiatura per farci riflettere in maniera geniale ed artistica su un mondo in dissoluzione quale è il nostro. Molto altro ancora….man mano che sedimento, penso…E quindi non si tratta solo di BELLEZZA, di omaggio a ROMA…ma di tanto tanto di più. Per me un film da cineteca.

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