Mercoledì 25 settembre “The Grandmaster” e’ stato protagonista dell’uscita degli Amicinema.
Come da buona abitudine apriamo lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film.
Dati Tecnici
Regia: Wong Kar-wai
Con: Tony Leung, Ziyi Zhang, Cung Le e Hye-kyo Song.
Durata: 130 min
Trama del film
“La vita di Yip Man, maestro d’arti marziali Wing Chun e mentore del grande Bruce Lee.”
Deludente. Dopo un inizio promettente, raffinato e suggestivo, che mostra l’ambiente e gli stili dei gruppi di arte marziale, con l’intensa sfida fra il protagonista e la figlia del maestro, seguono una serie di quadri e di situazioni presentate invece in modo frettoloso e superficiale. Alcune vicende e personaggi sono solo sfiorati, come quello di rasoio. Anche la vicenda familiare del protagonista è solo accennata, due figlie morte durante la guerra e la partenza senza ritorno dalla moglie, si viene a saperlo solo per un commento fuori campo e con una scena isolata in cui la moglie piange sotto la pioggia. Lo sfondo degli avvenimenti storici è appena accennato, confuso e poco comprensibile.
Nelle tante scene di lotta marziale, un po’ ripetitive, si perde l’attenzione al dettaglio dello stile dei movimenti e della danza guerriera, e le lotte diventano una rissa violenta e sanguinosa, dove il super guerriero di turno, dopo qualche battuta da gradasso di periferia (“hai già pranzato… peccato perché è stata tutta roba sprecata…”, “se non riuscirò a farti mettere il culo su quella sedia laggiù allora prenderai i soldi…”) sbaraglia una decina di avversari. Poi chissà perché le lotte si svolgono sempre al buio e dove piove o c’è la neve, oppure i luoghi chiusi e ristretti in modo da aumentare lo spettacolo rompendo sedie, mobili, vetri, un po’ come una rissa da saloon.
Il regista si perde spesso in un estetismo superfluo, a volte anche fastidioso, con inquadrature di puro compiacimento, e scivola nel melodramma e nella retorica. Ci sono anche belle inquadrature ma un film non è un album fotografico da sfogliare con un laconico commento. La sceneggiatura, dopo l’inizio promettente, diventa molto povera, un insieme di luoghi comuni, frasi di presunta saggezza astratta e commenti fuori campo. Il protagonista, da vero guerriero, rimane imperturbabile in tutte le situazioni per non mostrare debolezze e sentimenti, e ci riesce benissimo, recitando come una statua di cera, per fortuna ci sono le donne che rivelano qualche emozione.
The Grandmaster è certamente un film “da vedere” nel vero senso della parola: fotografia e regia strepitose!
Le riprese a fotogrammi rallentati, già viste nel suo “In the Mood for Love”, e l’estetica curatissima sono ormai la firma di Kar-Wai, i combattimenti si alternano tra durezza e leggerezza di piuma, trasmettendo il senso del film: l’arte marziale, vera e propria arte, è filosofia, è storia della Cina, è comunione con sottili distinzioni che si arricchiscono e si amalgamano e si definiscono fino ad arrivare al Wing Chun, l’arte marziale derivata dal Kung-Fu che rese celebre Bruce Lee, allievo del vero Yip Man.
Non sono in grado di capire quanto i movimenti degli attori siano poi davvero attinenti alle varie arti marziali, ma il senso trasmesso rimane. Il combattimento, splendido come un balletto contemporaneo, tra Yip Man e Gong Er, affascina per grazia, levità, disciplina, rigore, sensualità dando il la alle vicende parallele dei due protagonisti.
E la storia con una originale struttura cronologica, ne segue la vicenda intersecata alla storia della Cina negli anni della guerra civile e dell’occupazione giapponese fino al prologo ad Hong Kong.
Le citazioni di Morricone e Sergio Leone trasmettono il “c’era una volta in Cina”, forse in maniera troppo smaccata e poco sottile che poco si adatta alla raffinatezza del film, ma rendono in parecchi il senso.
A volte si dilunga un po’ troppo e spesso troppo indugia di autocompiacimento sulla bellezza di alcune scene, ma nel complesso è bello e assolutamente da vedere.
E se si vuole conoscere meglio il personaggio, con una visione più tradizionale, più cinese, meno estetica ma più concreta, il senso di questa arte marziale e della personalità di Yip Man, vi consiglio l’omonimo film del 2008 di Wilson Yip, che, nonostante il mio scarso interesse per le arti marziali, mi aveva preso e affascinato.
Dimenticavo: una nota particolare sulla colonna sonora, oltre a Morricone, dell’italiano Stefano Lentini che riprende lo Stabat Mater in una versione molto originale.