Dal vostro inviato al Festival Internazionale del Film di Roma 23/10/2014

Nei festival ci si va anche per conoscere cose nuove, si incontrano lavori di registi non conosciuti e film nuovi di cui non si trovano ancora critiche bene informate, può quindi capitare di vedere film che non piacciono o non valgono molto.

Ieri ho visto il film brasiliano “Obra” di Gregorio Graziosi con Irandhir Santos, Julio Andrade, Lola Peploe, inserito nella categoria Cinema d’oggi.

Nella presentazione del film si legge fra l’altro: “Nella popolosa San Paolo, un giovane architetto, scopre un cimitero clandestino nel cantiere del suo primo progetto importante, che si trova in un lotto appartenente alla sua famiglia. Tornano a galla ricordi terribili: il giovane lotta con la sua coscienza ed è costretto a mettere in discussione la sua stessa eredità. Inizia così a girovagare per una città che gli sembra nuova e ostile al tempo stesso. Fotografato in uno straordinario bianco e nero … Un thriller che mescola stile, atmosfera e un’interpretazione formidabile”.

La presentazione è invitante, tuttavia a me è sembrato un film noioso e inconcludente. La città di San Paolo è mostrata solo con una foto panoramica e qualche immagine di palazzi in primo piano, ma potrebbe essere una qualunque grande città piuttosto anonima, la storia rimane solo accennata e poco comprensibile, presentata con scene statiche, lente, spesso con lunghe inquadrature immobili (dimenticando che la parola cinema significa immagini in movimento…). Tutti i dialoghi potrebbero entrare in una solo pagina e sono dialoghi minimi, con domande senza risposte, frasi interrotte e parole sospese. L’attore principale conserva la stessa unica espressione per tutto il film, la sua recitazione è lenta e sonnolenta. L’attrice-moglie si vede pochissimo e fa molto poco.

Mentre guardavo, mi chiedevo “quando finisce l’introduzione e inizia il film vero?”. E mi chiedo perché si debba scegliere la noia e il vuoto espressivo come cifra stilistica, magari con pretese artistiche speciali, e forse con un po’ di presunzione.

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