La poesia di Antonia Pozzi al cinema

Per presentare questo film che da oggi troverete al cinema Mexico di Milano niente di meglio che farvi leggere l’articolo pubblicato oggi sul Corriere da Alberto Pezzotta.

 

Raccontare una giovane artista vissuta nella Milano degli anni Trenta, ma soprattutto fare entrare nella sua poesia, «così intima e moderna da essere slegata dalla sua epoca».

Così Ferdinando Cito Filomarino, spiega ciò che l’ha spinto a girare «Antonia.», ritratto non convenzionale di Antonia Pozzi, premiato al festival di Karlovy Vary nel 2015 e da oggi al Mexico.


 

Nel film si vede molta Milano, scelta accuratamente negli esterni e negli interni, anche se un film indipendente non poteva permettersi grosse ricostruzioni scenografiche. «Volevo dare vita agli anni Trenta evitando una rappresentazione artificiale. Per questo ho fatto un lavoro da detective», racconta il regista, trentenne, autore di documentari e cortometraggi, cinefilo fin da ragazzo.

«Sono partito dall’archivio di Antonia Pozzi, che comprende migliaia di fotografie e di lettere. Poi ho allargato la ricerca agli Archivi del Castello Sforzesco e ad archivi di famiglie milanesi, comprese la mia, per cercare di capire come si vestivano e come parlavano le persone di allora, come si viveva la quotidianità. C’è stato anche un grande lavoro sul modo di muoversi della protagonista, che non è quello di una ragazza di oggi, e cambia nel corso del film».

 

«Antonia» è un’opera insolita nel panorama italiano: non a caso il produttore è Luca Guadagnino, che da tempo pensava a un film sulla poetessa milanese. Hanno grande spazio sia la natura sia la sessualità. «Sono temi che partono dalla poesia di Antonia, che è tattile, corporea. Anche per questo ho scelto il direttore della fotografia thailandese Sayombhu Mukdeeprom, che nei film di Apichatpong Weerasethakul ha saputo lavorare magistralmente sulla luce naturale».

Antonia Pozzi viene fuori come una donna sola, mai totalmente compresa anche dai suoi amici intellettuali Remo Cantoni e Dino Formaggio. «Non è successo solo a lei, e non è successo solo allora… Non mi interessava mostrare personaggi fascisti, ma resta il fatto che per la mentalità dell’epoca la donna doveva avere un ruolo preciso, che ad Antonia non interessava. Per questo veniva percepita come “strana”. In ogni caso mi sono attenuto a quanto è documentato dalle lettere. Mi hanno aiutato anche i racconti orali di Onorina Dino, la religiosa che fino a poco tempo fa ha curato l’archivio di Antonia».

 

Sorprende l’uso di una canzone di Piero Ciampi in una sequenza delicata. «Volevo trasmettere qualcosa di non dicibile sull’intimo di Antonia. Ciampi nasce come poeta, e la sua poesia per certi versi è simile a quella di Antonia. Li ho fatti incontrare al di là della distanza cronologica, cercando un’affinità elettiva».
Esordiente è anche l’interprete Linda Caridi. «Era stata appena apprezzata in un monologo teatrale, “Blu”. Ha superato tutti i provini: era la più affine al personaggio, la più appassionata. Anche quando ha dovuto vincere le vertigini e imparare ad arrampicarsi sulle Grigne, come faceva Antonia. Non ci sono effetti digitali: ma accanto a lei c’era un grande alpinista, Hervé Barmasse, a darle sicurezza».

 


 

Il film sarà proiettato da venerdì 19 febbraio alle ore 15.30 – 17.30 -19.30 – 21.30
lunedì e venerdì 15.30 – 17.30 – 19.30 (giovedì escluso)

Sabato 20 Febbraio alle ore 21.30 saranno presenti in sala il regista e l’attrice protagonista Linda Caridi
L’incontro sarà introdotto da una lettura di Gianna Coletti e concluso da un intervento di Moni Ovadia.

 

Un film da non perdere per il buon cinema italiano !!

 

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