Mancano pochi giorni all’inizio della rassegna milanese del Trento Film Festival, che, come di consueto, verrà ospitata dallo spazio Oberdan, dal 17 al 22 maggio. Giunto ormai alla 64° edizione il festival non sembra risentire del peso degli anni, ma mostra apertura ad accogliere tematiche nuove e moderne, richiamando sempre maggiore attenzione di pubblico ( quest’anno a Trento si è registrato un incremento del 18 % delle presenze, sia in sala, sia alle serate di evento con ospiti del mondo della montagna e dell’esplorazione).
Il Trento Film festival, tradizionalmente dedicato alla filmografia di montagna, esplorazione ed avventura, mostra sempre più attenzione a produzioni cinematografiche dove la montagna diventa, non solo sfondo di grandi imprese alpinistiche o sportive, ma anche teatro sociale e culturale, luogo di vicende di profonda umanità.
Temi moderni ed originali, ma anche spazio a nuove modalità narrative hanno contrassegnato questa edizione del Festival, dove l’ambita Genziana d’Oro per il miglior film è stata assegnata a “La montagne Magique” della rumena Anca Damian, opera originale nella scelta della forma espressiva ( documentario che mescola molte tecniche di animazione), ma anche dell’argomento (le vicende epiche dell’alpinista e militante politico polacco Adam Jacek Winkler).
Per il premio Genziana d’oro per il miglior film d’alpinismo, è stato prescelto il film della regista ed alpinista polacca Eliza Kubarska “Touching the sky”, che propone uno sguardo diverso sulle imprese alpinistiche, lo sguardo dei figli che hanno subito il lutto, la perdita di un genitore morto tra le montagne. La regista dà voce a figli ormai adulti che si ritrovano insieme ai piedi della montagna, dove i genitori hanno perso la vita. Sono venuti a rendere omaggio ai loro cari, ma questo momento diventa occasione per interrogarsi, per chiedersi quale è l’eredità che rimane per chi rimane e subisce la paura del non ritorno, della solitudine, del vuoto, della mancanza. Ancor più profondo l’interrogativo su come e se è possibile conciliare la scelta di diventare genitore, di lasciare a casa un figlio ad attenderci con i rischi dell’alpinismo.
Meritatissima Genziana d’oro per il miglior film d’esplorazione/avventura a Greg Kohs per il suo “The Great Alone”, un film decisamente avvincente, che ci porta alla scoperta di una delle competizioni più avvincenti dell’Alaska, la Iditarod Sled Dog Race, celebre corsa di slitte trainate da cani, che si inoltra in immense e solitarie distese innovate per 1868 km. La vicenda narrata ha come protagonista Lance Mackey, uomo diventato leggendario per aver vinto per 4 volte consecutive il titolo di campione della corsa. Con partecipazione profonda e sensibilità Greg Kohs narra la parabola umana di Mackey che con forza di abnegazione, determinazione ed un duro percorso di crescita personale, riesce a vincere e contemporaneamente a ridare senso alla propria esistenza.
La vera sorpresa del Trento Film Festival è il film a cui è stato dedicato il premio della Giuria, “My love, don’t cross that river” del regista coreano Jin Moyoung. L’ambiente montano con le sue luci e le sue ombre, le sue mutazioni stagionali, diventa sfondo di una bellissima, coinvolgente e commovente storia d’amore di una coppia di coniugi che vivono fianco a fianco da 76 anni, conservando attenzioni e tenerezze reciproche, mostrando gesti d’affetto e di rispetto anche nella semplicità della vicissitudini quotidiane.
Infine per gli appassionati delle biografie di alpinisti famosi, in rassegna anche a Milano, il bellissimo documentario italiano di Davide Riva “Solo di cordata“, dedicato alla vita e agli scritti di Renato Casarotto. Il ritratto di un’alpinista puro, che nelle sue imprese solitarie, era capace di fondere all’impresa alpinistica, la profondità di una ricerca profondamente umana.