Giffoni 2016: Learn by Heart (La Vie en grand)

(ringraziamo Mauro Cesaretti per la recensione)
 
La storia è incentrata su un giovane protagonista, Adama, che avendo alcuni problemi a scuola, oscillanti tra la scarsissima voglia di studiare e un palese disinteresse per l’istruzione, sente comunque il bisogno di dover aiutare la propria povera famiglia. Così, insieme all’amico Mamadou, decide di iniziare un’attività illecita con la quale cercherà, però, di riportare tutto alla “normalità”, ovvero a ciò che lui vorrebbe che fosse normale nella sua vita di ragazzo.
È un film ambientato a Stains, nella periferia di Parigi, intento a denunciare vicende sociali frequenti nelle periferie di molte grandi città. Si passa da problematiche di spaccio alle scuole senza fondi, affitti pagati in nero e scontri fra gang, ecc.

 
L’intero film, però, non vuole solo denunciare, ma mettendo il tutto nelle mani di un ragazzo cerca anche di dare una possibile risoluzione ai problemi di questo tipo di società “giustificando” l’illeceità dei gesti e trasformandola per pochi istanti in liceità (es. i fondi per la gita, i 50 euro per far restituire il cellulare dal bullo alla compagna, i 200 euro per affittare un appartamento per poter far tornare a vivere insieme i due genitori separati, ecc).
Importante da sottolineare è il titolo e i suoi molteplici significati. Letteralmente “Learn by Heart” significa “Imparare dal cuore”, al fine di giustificare i gesti fatti col cuore da parte del protagonista, ma la vera traduzione dall’inglese significa “Imparare a memoria” e si lega alla poesia e allo studio in generale che faceva Adama per poter superare l’anno scolastico con buoni voti. Il titolo originale in francese, “Le vie en grand”, però, si riferisce alla poesia citata nel film che tra l’altro conclude l’intera narrazione dando morale alla pellicola e spiegando quanto il punto di vista del regista si incentri su una narrazione quasi odisseica.
 
Probabilmente, la cosa che ci dovrebbe lasciare più amarezza è sentir dire da un ragazzo che “tutto” ruota intorno ai soldi. Questo, a mio pare, mette molto a disagio lo spettatore mostrando come la società moderna non abbia interesse degli aspetti umani e solidali, ma abbia la propria attrazione solo sul denaro lasciando distruggere la vita di tante persone povere che per guadagnare qualcosa e sostentare sono costrette a svolgere lavori illegali e pericolosi.
 
In tutte queste tematiche, ciò che viene fuori non è, però, solamente tristezza, ma anche grande amore nei confronti dell’umanità dimostrando quanto nella povertà si abbia, talvolta, rispetto degli altri mestieri e delle altre persone a differenza dei ricchi che danno per scontato molte cose sentendo solo il bisogno di guadagnare di più creando schiavi frustrati.
Quello che potrebbe disturbare è solo la sequenza di tempi delle scene che incalza sul ritmo di una vera e propria avventura, con momenti più veloci e altri maggiormente dilatati, ma che all’occhio potrebbero creare un po’ di stacco passando da scene d’azione a dialoghi statici o riflessivi (come quelli in cui è presente la musica).

 


 

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