Dopo un paio di anni di purgatorio (Venezia 2013) arriva finalmente nelle sale “The zero theorem” il nuovo film di Terry Gilliam (“L’esercito delle 12 scimmie”, “La leggenda del Re Pescatore”, “Brazil”) ed e’ una bella notizia per gli appassionati di cinema.
Un cast notevole con Christoph Waltz, Mélanie Thierry, David Thewlis, Luca Hedges e con la partecipazione speciale di Matt Damon e Tilda Swinton
In un mondo futuristico e orwelliano in cui l’umanità è controllata dal potere delle corporazioni e da “uomini videocamera” che rispondono alla losca figura nota solo con il nome di Management, il genio informatico Qohen Leth (Christopher Waltz) vive recluso all’interno di una ex cappella distrutta dalle fiamme. Eccentrico, solitario e afflitto da angoscia esistenziale, Qohen da tempo lavora su un misterioso progetto – il Teorema Zero – volto a scoprire lo scopo della vita, qualora ne esista uno. Il suo lavoro e il suo isolamento sono a volte interrotti dalle visite della sensuale e vistosa Bainsley (Mélanie Thierry) e dell’adolescente prodigio Bob (Lucas Hedges). Sarà grazie a una delle invenzioni di quest’ultimo che Qohen affronterà un viaggio all’interno delle dimensioni nascoste della sua anima, dove si nascondono le risposte che sia lui che Management stanno ricercando per provare o confutare il Teorema Zero.
Francesco Rizzo ha visto il film per noi e questa e’ la sua recensione:
“Se state leggendo queste righe dal vostro smartphone, circondati da persone che fanno qualcosa di simile, se vedrete questo film in streaming a casa vostra e ne discuterete su Facebook con amici che non riconoscereste per strada, siete già dentro The Zero Theorem. Se nel frattempo risponderete a una mail di lavoro prima di dormire, cercherete un fidanzato/a su una app di dating, magari sbircerete PornHub in realtà virtuale, siete già dentro The Zero Theorem. Film del 2013, ma in Italia solo oggi, diretto dal geniale paranoico Terry Gilliam, lo stesso di Brazil e L’esercito delle dodici scimmie, ci riporta sul terreno della fantascienza pessimista in cui cercare tracce del presente. Aggiornando la sensazione di impotenza e il tema del sogno come fuga o rivelazione. Ma la nostra vita non è così distante da quella di Qohen (un Christoph Waltz molto più nudo, in ogni senso, rispetto a Django), sviluppatore informatico che campa in una chiesa sconsacrata, nel mezzo di una città in cui la modernità innerva edifici d’altri tempi. Significativamente, sono i colori del digitale a dar vita a una metropoli opaca, dove tutto è vietato (guardate i cartelli) ma tutto è offerto dal web: amore, religione, soldi, notizie. Socialità. Su tablet, naturalmente.
E proprio Qohen sarà scelto per tentare di risolvere il “teorema zero”, la dimostrazione scientifica del senso o non senso dell’universo: d’altra parte – infelice lui – è un uomo ossessionato da una telefonata che dia una spiegazione alla vita. E che non arriva. Insomma, in un mondo di formiche-operaie sempre connesse (Qohen digita e pedala al tempo stesso), in cui Internet porta tutto a casa ma ti fruga pure nell’inconscio (la privacy? Cosa?), la fede è un inganno (attenzione al crocefisso) e sono i soldi a mettere ordine al delirio, non resta che abbandonarsi alle consolazioni della realtà virtuale. “Ma questo non è reale”, protesta Qohen quando Bainsley, l’amica di mouse, lo conduce su una spiaggia tropicale intessuta di pixel. “E’ molto più che reale, sei nel tuo computer e io nel mio, siamo collegati da chip di memoria e fibre ottiche. Qui siamo al sicuro”, replica lei. Del resto, scoprirà Qohen, spezzare il cerchio di quella sicurezza significa ribellarsi. Vivere. E capire cosa? Finale-metafora sull’illusione della fede, che fa atterrare il film su un piano più alto, quello della beffarda riflessione sulla condizione umana. Saremo pur fatti della stessa sostanza dei sogni, frutto del sonno o di un computer, ma restiamo soli, nudi, ingannati. Persino calvi. Almeno, nella realtà virtuale, Qohen aveva i capelli.”
Sentiamo anche le parole di Terry Gilliam su film:
“Quando ho girato Brazil nel 1984, volevo dipingere l’immagine del mondo in cui pensavo stessimo vivendo allora. The Zero Theorem è uno sguardo sul mondo in cui penso di vivere ora. La sceneggiatura di Pat Rushin mi ha intrigato per le molte idee esistenziali racchiuse nel suo divertente, toccante e racconto filosofico. Per esempio: Che cosa dà significato alla nostra vita, che cosa ci procura gioia? Si può essere soli nel nostro mondo sempre più connesso e ristretto? Questo mondo è sotto controllo o è semplicemente caotico? Abbiamo cercato di fare un film che sia onesto, divertente, bello e sorprendente; un film semplice su un complicato uomo moderno in attesa di una chiamata per dare senso alla sua vita; un film sull’inevitabilità delle relazioni e sul desiderio d’amore; una storia piena di personaggi singolari e di sfavillanti situazioni che solleva interrogativi senza fornire risposte scontate. Speriamo sia diverso da qualsiasi film che abbiate visto di recente: niente zombie, niente crociati con il mantello, niente astronavi aliene. In realtà, forse ho mentito su quest’ultimo punto. Da vari decenni non lavoravo con un budget così ridotto, sono quindi stato costretto a procedere rapidamente e d’istinto, pressato soltanto dal tempo e dal denaro. Abbiamo contato sulla libertà di muoverci in uno spazio ristrettissimo e di fare iperbolici salti creativi. Il risultato ha sorpreso persino me. Sono orgoglioso di aver preso parte a The Zero Theorem.”
A Milano questo film lo trovate al cinema Colosseo, Eliseo e UCI Cinema Bicocca.
E queste sono le immagini di questo nuovo fantastico film di Terry Gilliam !!