Continua la nostra rubrica “Lunedi’ d’autore” con “Il sapore della ciliegia” film capolavoro del 1997 di Abbas Kiarostami con Homayoun Ershadi, Abdol-Hossein Bagheri, Safar-Ali Moradi, Abdolrahman Bagheri.
Gli autori
Abbas Kiarostami e’ stato uno dei piu’ grandi registi iraniani (per alcuni il piu’ grande). E’ mancato il 4 luglio dello scorso anno e questa puntata della nostra rubrica e’ il nostro personale ricordo di un grande autore.
Autore di 19 film dal cortometraggio “Il pane e il vicolo (Nan va Koutcheh)” del 1970 fino al recente “Qualcuno da amare” nel 2012 e premiato a Cannes nel 1997 appunto per questo film.
Di lui Godard disse “Il cinema inizia con D.W Griffith e finisce con Abbas Kiarostami“.
Poetico nei dialoghi e allegorico nella narrazione e nelle immagini, i suoi film sono intrisi di politica e filosofia, spoglio, penetrante, realistico ma con vocazioni simboliche. Quasi un cinema di altri tempi.
Periferia di Teheran: un uomo, il signor Badii, vaga con la sua auto in cerca di aiuto: medita infatti il suicidio, ha scavato la propria fossa e desidera che qualcuno venga il mattino seguente a ricoprirne il corpo con della terra, nel caso che abbia attuato il proposito. Offre perciò del denaro a tre sconosciuti. Il primo, un ragazzo di leva, spaventato dalla proposta, fugge. Il secondo, un seminarista, rifiuta di collaborare a quello che per la sua religione è un gesto sacrilego. Soltanto l’ultimo accetta. È un anziano impiegato del museo di scienze naturali, il signor Bagheri. Ma ha una storia da raccontare a Badii. Anch’egli, anni prima, ha coltivato la stessa intenzione; se ne è però dissuaso assaporando il gusto del frutto di un gelso.
Palma d’oro come miglior film al 50º Festival di Cannes.
Il link
Per vedere questa pellicola dovete collegarvi a questo indirizzo:
http://www.mymovies.it/film/1997/ilsaporedellaciliegia/live/?ide=79a8418ee272c9cfddf1a6e10ef48464
Lunedì 23 gennaio alle ore 21:00
Le parole
“C’è un’espressione, non ricordo di chi è, ma mi piace molto, che dice che quelli che non escono mai di casa non sono mai testimoni di niente. Viaggiare è testimoniare e quindi poter raccontare, qualsiasi cosa, ma raccontare. In Iran c’è una forma più profonda che dice che il viaggio matura l’essere umano, in qualche modo completa l’opera della creazione dell’uomo… perché la vita è un insieme di fatti belli e brutti che gli danno un senso.
Amo molto il cinema italiano, l’ho amato e continuo ad amarlo. Penso soprattutto a Pasolini. Penso al fatto che utilizzava attori non professionisti dandogli la dignità di un attore come una star di Hollywood. Ciò che conta non è la recita in se stessa, la finzione che assorbe tutto, compreso l’attore, e lo trasforma in un involucro perché deve aderire alla sceneggiatura quanto più possibile. Mi importa invece il fatto che chiunque possa raccontare una storia, per sé e per gli altri. Io non faccio parte di nessuna scuola. Narro storie che vanno avanti e indietro nel tempo. Per me fare cinema è un viaggio inseparabile dalla vita. Non è una professione. Per questo ci metto dentro pure i dubbi, le pause, le incertezze… tutte sfumature che ci segnano nella vita, ogni giorno. Cerco di mettere in gioco questi sentimenti, dar loro lo spazio che meritano, perché sono come quei vuoti attorno ai cui la nostra esistenza si costruisce e viaggia.”
Una scena del film