Si puo’ parlare di integralismo con leggerezza ?

Si può parlare di integralismo con il sorriso, l’ironia e magari anche divertendosi ?
 
Secondo Sou Adabi, la regista iraniana che ha lasciato a quindici anni la sua famiglia per trasferirsi in Francia, questo e’ possibile e con “Due sotto il burqa” lo ha dimostrato.

 

E infatti in Francia questo e’ stato un grande successo e noi crediamo che lo sara’ anche nel nostro paese tanto che lo abbiamo scelto come terza uscita del mese di dicembre di Amicinema.


 

Armand e Leila stanno pianificando di volare insieme a New York, ma pochi giorni prima della partenza, Mahmoud, fratello di Leila, fa il suo ritorno da un lungo soggiorno in Yemen, un’esperienza che lo ha cambiato… radicalmente.
Ai suoi occhi, ora, lo stile di vita moderno della sorella offende il Profeta.
L’unica soluzione è confinarla in casa e impedirle ogni contatto con il suo ragazzo.
Ma Armand non ci sta e pur di liberare l’amata escogita un piano folle: indossare un burqa e spacciarsi per donna. Il suo nome d’arte è Shéhérazade. Quello che Armand non si aspetta è che la sua recita possa essere sin troppo convincente, al punto da attirargli le attenzioni amorose dello stesso Mahmoud.

 

In una lunga intervista al quotidiano Avvenire Sou Adabi ha detto:
 
“L’idea di questo film nasce dal mio passato. In Iran ho vissuto la nascita della Repubblica Islamica, i divieti, la trasformazione della religione in una legge spietata che pretendeva di stabilire delle regole sulla nostra vita quotidiana, individuale, privata. Ancora ragazzina ho lasciato il paese per vivere in una società lontana da queste forme di violenza, ma qualche anno dopo questi stessi temi si sono riproposti anche in Francia. Nonostante le tragedie recentemente vissute però non credo che i francesi si lasceranno mai spingere verso l’estremismo.
Non credo di essere stata particolarmente coraggiosa se paragonata a parenti e amici imprigionati, torturati e giustiziati.
Non attacco la religione, l’ironia colpisce solo l’integralismo. Del resto tutto ciò che ha fatto progredire l’umanità ha inevitabilmente ferito qualcuno. Se ci facciamo condizionare dal politicamente corretto non riusciremo a dire ciò che ci sta davvero a cuore, e io non ho certo lasciato il mio paese, la mia famiglia e la mia agiatezza a quindici anni per starmene zitta. Ho scelto la commedia perché forse da una risata può nascere una riflessione più attenta.
Ho scritto “Due sotto il burqa” pensando a Cyrano de Bergerac: come Cyrano che, nel buio, si fa passare per Christian per conquistare il cuore di Roxane, Armand si finge Schéhérazade per conquistare Mahmoud. Scrivendo il film ho sempre pensato a queste due facce del soggetto: una comica, l’altra grave.”

 

Come nelle più classiche commedia degli equivoci, tra vaudeville e commedia dell’arte, il travestimento e lo scambio di persona, questo film ci racconta che tutto si può fare per amore. Anche indossare un burqa per vedere segretamente l’amata.

 


 

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