La storia della nascita di un’artista

Il romanzo di Louisa May Alcott ha avuto tantissime versione cinematografiche piu’ o meno riuscite, da quello della coppia George Cukor/Katharine Hepburn, passando per quello con Winona Ryder e Susan Sarandon con anche una versione di animazione giapponese del 1981.
 
A queste si unisce adesso il “Piccole donne” diretto da Greta Gerwig al suo secondo lungometraggio dopo il fortunato esordio di un paio di anni fa con “Lady Bird”.

 

Dopo la fine della guerra di secessione americana le sorelle March dovranno affrontare problemi economici, sentimentali e sociali. Tra tutte spicca la figura di Jo, determinata a trovare la propria libertà e indipendenza, spronando anche le sorelle a dare spazio al proprio talento, nonostante le rigide imposizioni della società di quel periodo.

 

Nel cast Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh, Eliza Scanlen, Meryl Streep, Chris Cooper, Laura Dern, Louis Garrel e Timothée Chalamet.


 

Sentiamo la recensione di Anna Baisi che ha visto in anteprima milanese questo film:
 
“Il film “Little Women” scritto e diretto da Greta Gerwig è l’ultima trasposizione di un libro che è già stato adattato per lo schermo, il palcoscenico, la televisione, l’opera e l’anime circa venti volte ma questo è senz’altro l’adattamento più frizzante, fresco e leggero, almeno in ambito cinematografico, tenendo conto anche di due altre pellicole riuscite come quella di George Cukor con la splendida interpretazione di Katharine Hepburn nel ruolo di Jo del 1933 e dell’ultimo adattamento hollywoodiano della regista Gillian Armstrong del 1994 che vedeva nel cast Winona Ryder nello stesso ruolo che fu della Hepburn.
Forse è dovuto al fatto che la Gerwig, questa “piccola donna”, tratta l’opera di Louisa May Alcott non con timida riverenza ma con entusiasmo e pur attenendosi al testo con fedeltà si identifica con la scrittrice come quando l’aveva letto si era immedesimata in Jo – e questo detto dalla stessa regista nella presentazione video del film – e ne rielabora sia i personaggi che le tematiche rendendo moderno e coraggiosamente attuale un libro scritto circa centocinquanta anni fa.
 
Infatti la Alcott scrisse il primo libro Piccole donne, un racconto semi-autobiografico della sua infanzia vissuta con le altre tre sorelle a Concord, e dato alle stampe nel 1868 che racconta la storia delle quattro sorelle March – Meg, Jo, Beth e Amy, chiamate sempre con i loro soprannomi – che rispecchiano il mondo della stessa famiglia Alcott seguito dalla seconda parte Piccole donne crescono che fu pubblicata nel 1869 e che abbraccia la vita delle sorelle March nella loro età adulta.
Jo March, la protagonista è chiaramente ispirata alla vita e al modo di pensare della scrittrice.
E’ raro che un libro abbia un così duraturo successo e seguito ma il merito è senz’altro di Jo March che è un personaggio iconico – un po’ come Elisabeth Bennet di Orgoglio e Pregiudizio – che nel nostro film è catturata con passione ma non con quella esplosione vitale e spontaneità che ti aspetteresti per il personaggio da Saoirse Ronan che si riunisce con la Gerwig dopo aver recitato nel suo debutto alla regia con il film Lady Bird (un film che con il suo focus sulle relazioni madre-figlia, l’amicizia femminile e l’ambizione creativa contiene un notevole crossover tematico con Little Women).
 
Oltre ad includere molto della vita della Alcott, la principale beneficiaria dell’approccio della Gerwig è la sorella più giovane Amy (interpretata con convinzione da Florence Pugh) perché nelle altre versioni della storia è stata sempre rappresentata come sporca e viziata, qui Amy e Jo sono le due facce della stessa medaglia, sono le più brillanti, le più talentuose – pittura e scrittura – e le più testarde delle ragazze March che nonostante gli scoppiettanti scontri sono più simili e vicine di quanto non vogliano ammettere e Jo non è più la protagonista assoluta: sembra che questa sia la storia di Amy come quella di Jo.
Mancano le altre due sorelle: Meg la più responsabile e giudiziosa ma incredibilmente noiosa che nemmeno l’interpretazione di Emma Watson riesce a rendere più interessante e poi la dolce Beth (Eliza Scanlen) anche lei artista che riesce a superare i timori e suonare l’amata musica al pianoforte dei vicini benestanti Laurence, mamma March è impersonata da Laura Dern mentre il mite, non ricco ed accondiscendente papà da Bob Odenkirke e Hannah, la governante, da Jayne Houdys
Invece la ricchissima zia March è strepitosamente interpretata da Meryl Streep, insopportabile ed arcigna tocca però un tasto molto importante per l’epoca – il matrimonio di convenienza – e il suo intento è quello di salvare le nipoti dalla povertà se rimanessero single.
E in un passaggio del film questo battibecco fra Jo e la zia è più che eloquente: “Voglio farmi la mia strada nel mondo”. “Nessuno si fa strada da solo, men che meno una donna. Devi trovarti un buon partito”. “Ma tu non sei sposata zia March”… “Ma che c’entra, io sono ricca!”.
 
Le ragazze March sono impaurite nel subire le pressioni di sposare un uomo che potrebbe si sostenerle ma anche dominarle ma mente Amy si vuole adeguare allo status quo, Jo vuole rimanere libera per capire come trovare la sua voce femminile come scrittrice senza abbandonare l’amore e come trovare l’amore senza rinunciare alla sua voce unicamente femminile.
Il film è girato a Concord, nel Massachusetts, dove appunto Louisa May Alcott ha vissuto l’infanzia in una casa che irradia calore e nei momenti di gioia la luce è un bagliore lussureggiante e saturo che ben si sposa con la esuberante tavolozza di colori autunnali del New England.
La casa è il fulcro di Little Women perché non è la fuga di Jo a New York che le permette di trovare la sua intima e personale vis creativa ma il suo ritorno nel cuore della famiglia.
La Gerwig come in Lady Bird inoltre descrive il rapporto di un’artista con la propria famiglia dove uno spirito libero è combattuto fra la sua realizzazione intellettuale ed emotiva ed il distacco dalla propria famiglia che ha difficoltà finanziarie e che ama.
 
Anziché iniziare il film come nel libro con il tristissimo Natale durante la guerra di secessione americana la Gerwig ci presenta Jo sette anni dopo che fa visita a un editore di New York, il signor Dashwood (Tracy Letts), a cui presenta una breve storia: è un editore “maschio” condiscendente ma che rappresenta il miope patriarcato americano e acquista si il lavoro di Jo ma lo fa riscrivere secondo i suoi “parametri e la paga una miseria.
Il resto di Little Women è a zig zag tra due periodi della vita di Jo e della sua famiglia realizzato dalla regista con abilità nel dividere la narrazione in due linee temporali.
Mentre la Alcott ripercorre i loro destini in linea retta la regista – aiutata dall’abile montaggio di Nick Houy e dalla “cucitura” musicale della partitura di Alexandre Desplat – procede per associazioni e ricordi.
 
È come se il libro fosse stato accuratamente separato e riassemblato e ricucito in un ordine che produce sorpresa e attacchi di piacevole vertigine e questo rimescolamento cronologico scuote la storia rendendola senz’altro più cinematografica senza ricorrere ad espedienti o trucchi, anche se più faticoso da seguire.
Bisogna ora presentare i personaggi maschili anzitutto Laurie (abbreviazione di Theodore Laurence) interpretato dal delizioso Timothée Chalamet ragazzo ricco, docile poi deluso nella vita amorosa ed attratto da una vita di indecisione ed infine redento.
Quando Jo è a New York stringe amicizia con Friedrich Bhaer, un filosofo tedesco (interpretato dal fascinoso attore francese Louis Garrel) che rappresenta il cardine che unisce le due parti del suo viaggio infatti sarà lui che prima del rientro di Jo a casa le suggerirà di non scrivere banalità ad effetto per denaro ma piuttosto le sue esperienze personali in modo realistico e sincero.
La rappresentazione del matrimonio di Jo e Friedrich e profondamente ironica e forse anche malvagia d’altronde alla regista quello che interessa è la scrittura e l’emancipazione.
 
Verso la fine del film, il rammentarsi di Jo di una “piece” teatrale che giocava con le sue sorelle quando erano piccole – un ricordo che sorge mentre stringe la sua prima copia del suo romanzo – suggerisce che quella spensieratezza senza responsabilità è finita e che l’età adulta e la maturità nell’arte sono una questione di rinuncia (d’altro canto Little Women è un romanzo di formazione, “coming of age story”).
In questo modo il film Little Women di Greta Gerwig è la storia della nascita di un’artista, un’artista “femmina” in un momento che è ostile alle donne e che racconta storie di vita delle donne dal punto di vista delle donne.
Insomma, un periodo molto simile a oggi, a Hollywood e non solo.”

 

Finiamo come sempre con il trailer ufficiale !!

 


 

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