Passato in concorso al 72o Festival di Berlino, “La Ligne – La linea invisibile” e’ il nuovo film della svizzera Ursula Meier ben 10 anni dopo il fortunatissimo “Sister”.
Durante un furioso litigio, la trentenne Margaret ferisce la madre Christina e viene per questo condannata a restare per tre mesi lontana dalla donna, ad almeno cento metri di distanza dalla sua abitazione.
Molto legata alla sorellina Marion, Margaret – musicista fallita con alle spalle altri episodi di violenza che hanno messo fine al rapporto sentimentale e professionale con l’ex Julien – accetta di tenere all’aperto le lezioni di musica per la ragazzina, restando al di qua di una linea tracciata sul terreno e impossibile da superare.
Nel frattempo Christina, donna fragile e vanesia che accusa le figlie di averle rovinato la carriera da pianista, passa da una relazione all’altra, incapace di interessarsi alle vite degli altri, nemmeno quando la primogenita Louise la rende nonna, e soprattutto di elaborare il rapporto con Margaret…
Nel cast Dali Benssalah, Valeria Bruni Tedeschi, Benjamin Biolay, India Hair e Stéphanie Blanchoud.
Ecco la recensione della nostra inviata Virna Castiglioni che era presente all’anteprima stampa milanese:
“Un racconto sui sentimenti profondi e veri che legano i membri di una famiglia composta da sole donne. Una madre dalla personalità ingombrante e con un livello emotivo poco maturo che antepone l’amore per il compagno di turno a quello verso le sue tre figlie. Queste ultime, alle mancanze e alle involontarie e continue disattenzioni materne, reagiscono in modi totalmente diversi. Margaret che è al centro della narrazione, in un accesso di rabbia incontrollata, addirittura le si scaglia contro provocandole, suo malgrado, anche un danno fisico permanente e compromettendo per sempre anche il loro rapporto già fragile e logoro. Le altre, invece, stanno ai lati di questa relazione e, mentre Louise interviene solo per dovere e solo in alcuni momenti topici la più piccola Marion rappresenta invece il vero collante che tiene insieme i cocci di questa famiglia particolare e problematica.
La regista Ursula Meier mantiene per tutto il film il focus su Margaret e la sua impetuosa rabbia senza però prendere posizione ma limitandosi ad un’esegesi dettagliata dei fatti dove colpe e ragioni appaiono ben distribuite. Proprio come la linea che è il confine fisico stabilito dal giudice come provvedimento di allontanamento dal nucleo familiare sembra però esserci anche un perimetro invisibile, una distanza di sicurezza necessaria perché l’armonia così difficile da creare ma soprattutto da mantenere non si trasformi in tensione che provochi ulteriori rotture e distacchi.
La regista è molto abile a mettere in scena situazioni normali che possono sfociare in drammi e situazioni potenzialmente pericolose che invece si disinnescano dissipando gli attriti.
Le attrici protagoniste sono efficaci nell’incarnare i modelli della madre irrisolta e infantile (una Valeria Bruni Tedeschi che si conferma attrice di grande levatura) della giovane donna forte e ribelle (una strepitosa Stéphanie Blanchoud) e della bambina adulta e responsabile (una promettente Elli Spagnolo).
Tutte e tre si muovono all’interno del perimetro familiare e lo deformano con le loro azioni e i loro pensieri come se fosse un elastico che può stringersi intorno alla pelle bloccandone la circolazione sanguigna o allargarsi fino a slabbrarsi sparpagliando i pezzi che contiene e trattiene.
La linea blu che viene anche disegnata fisicamente dalla piccola Marion è una linea che ognuno traccia nei confronti di chi ama e a cui è legato sentimentalmente. Può sparire solamente se ci si impegna al rispetto reciproco e se si ha intenzione di usare tolleranza e buon senso per arginare dissapori e dissidi.
Un film crudo ed essenziale che è una spietata presa di coscienza delle dinamiche familiari nelle sfaccettature più cupe e dolorose.”
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