Saela Davis e Anna Rose Holmer sono al loro esordio dietro la macchina da presa e “Creature di Dio” e’ un’opera prima bella e intensa, presentata a Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs.
In Irlanda, in un piccolo villaggio di pescatori, vive Aileen, operaia in una fabbrica che lavora le ostriche pescate dagli uomini della zona. Impegnata a occuparsi del suocero e del piccolino nato dalla figlia Erin, Aileen rinasce quando il figlio Brian torna a casa dopo diversi anni passati in Australia. Intenzionato a riprendere l’attività di famiglia di pescatori d’ostriche, Brian spinge la madre a commettere un furto sul lavoro e per questo si scontra con il padre Con.
La vita della famiglia viene ulteriormente sconvolta dall’accusa di stupro a carico di Brian, denunciato dall’ex fidanzata Sarah, ora collega di Aileen. Chiamata a testimoniare, Aileen prova a salvare il figlio, assecondando i suoi sentimenti ma tradendo la sua moralità.
Nel cast Aisling Franciosi, Emily Watson, Paul Mescal, Isabelle Connolly e Marion O’Dwyer.
Ecco la recensione della nostra inviata Virna Castiglioni:
“Già dal primo frame siamo trasportati in un gorgo che risucchia tutto quello che incontra, un mare amico che fornisce sostentamento e ricchezza ma che può essere foriero di disgrazie come per il povero ragazzo che muore perché nonostante il piccolo borgo viva esclusivamente di quello che il mare può offrire nessuno sa nuotare.
Il film parla soprattutto di rapporti familiari e di come la lontananza cercata o subita non riesca minimamente a scalfire il legame profondo e viscerale che lega una madre ad un figlio. Un collante così forte che riesce a proteggere sempre e comunque nonostante la legge morale, la giustizia terrena ma che può provocare un dolore sotterraneo diffuso al pari di un sasso che scagliato con forza nell’ acqua crea dei cerchi sempre più ampi rimestando una superficie solo in apparenza calma e piatta.
La regia è attenta nel restituire allo spettatore la solitudine, la chiusura e la fatica di chi dipende dalle condizioni metereologiche, dalle maree e anche dai risparmi per imbastire un lavoro e esercitare una professione che riesca a sfamare se stessi sopravvivendo in un luogo ostile e poco munifico.
Le giornate di questa comunità irlandese sono dettate dai ritmi lenti e ripetitivi della pesca (anche di frodo se può riuscire a svoltare la giornata).
Un film che sonda la resistenza di un individuo compresso tra il cosa si debba fare e il cosa si può fare. Un film duro che non fa sconti, non regala scorci di bellezza fine a se stessa eppure si congeda con un finale che si sgancia definitamente da un fardello di pesantezza che lo ha tenuto ancorato per tutta la durata del racconto e lo dispiega verso un altrove che non conosciamo ma che fa ben sperare in quanto racchiude un senso profondo di libertà e autodeterminazione.
Una donna umiliata e non creduta che intraprende un viaggio in macchina che non rappresenta solo una fuga ma un inizio con il sole in fronte e il vento che accarezza.”
E questo e’ l’intenso trailer ufficiale !!