Un film sulla guerra e non un film di guerra

Gianni Amelio è ritornato in concorso con “Campo di battaglia” il suo 14o film ispirato al libro “La sfida” di Carlo Patriarca e anche se le recensioni della critica non sono state positivissime, confidiamo comunque in un premio importante.
 
Intanto lo possiamo già vedere in sala da questa settimana !!

 

Sul finire della Prima guerra mondiale.
Due ufficiali medici, amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare, dove ogni giorno arrivano dal fronte i feriti più gravi. Molti di loro però si sono procurati da soli le ferite, sono dei simulatori, che farebbero di tutto per non tornare a combattere.
Stefano, di famiglia altoborghese, con un padre che sogna per lui un avvenire in politica, è ossessionato da questi autolesionisti e, oltre che il medico, fa a suo modo lo sbirro.
Giulio, apparentemente più comprensivo e tollerante, non si trova a proprio agio alla vista del sangue, è più portato verso la ricerca, avrebbe voluto diventare un biologo. Anna, amica di entrambi dai tempi dell’università, sconta il fatto di essere donna. A quei tempi, senza una famiglia influente alle spalle, era difficile arrivare a una laurea in medicina.
Ma lei affronta con grinta un lavoro duro e volontario alla Croce Rossa. Qualcosa di strano accade intanto tra i malati: molti si aggravano misteriosamente. Forse c’è qualcuno che provoca di proposito delle complicazioni alle loro ferite, perché i soldati vengano mandati a casa, anche storpi, anche mutilati, purché non tornino in battaglia. C’è dunque un sabotatore dentro l’ospedale, di cui Anna è la prima a sospettare.
Ma sul fronte di guerra, proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una specie di infezione che colpisce più delle armi nemiche. E presto contagia anche la popolazione civile…

 

Bel cast con Alessandro Borghi, Gabriel Montesi, Giovanni Scotti e Federica Rosellini.


 

Sentiamo le parole del regista calabrese alla presentazione di Venezia:
 
“Io ho un modo di lavorare che probabilmente non è condiviso dagli altri registi. Io non penso io sento.
Sento nelle viscere le cose. Non parto mettendo le cose a tavolino con le idee una appresso all’altra, perché le ho sentite dire, perché devo fare riferimento a questo o quest’altro argomento, perché tira. Ne è testimone il mio sceneggiatore Alberto Taraglio, che mi sopporta in questo mio modo di lavorare. Scriviamo sei o sette versioni diverse della sceneggiatura e Alberto sa che poi il film sarà un’altra cosa. E questo lo sanno anche gli attori, che la mattina quando vanno al trucco, aspettano un foglietto, che gli arriva sempre, ogni mattina, dove c’è una scena nuova.
 
Non si scandalizzano, più, gli attori; assolutamente! Ormai aspettano. E guai se io non gli mandassi la scena nuova! Avrebbero paura di girare la scena vecchia! Vorrebbe dire che non sono in forma!
Questo è un film sulla guerra e non un film di guerra.
Le immagini di guerra sono usurate e paradossalmente sembrano oggi irreali. Perché le vediamo troppo! Siamo abituati a guardarle alla televisione anche quasi in diretta. Feriti, morti, e non parlo solo di Gaza e dell’Ucraina ma è guerra anche l’affondamento di un gommone. Le immagini di morte vengono consumate in situazioni che non sono quelle della sala cinematografica.
 
Gli interpreti li ho trovati scavando nelle regioni italiane, ognuno da un punto diverso del paese, ognuno con un accento diverso.
Il soldato che viene dalla Puglia, che mi commuove, oppure il valdostano. Mi fa morire questo accento! Vorrei che fossero tutti qui. Mi piacerebbe che qualcuno qui stasera si presentasse, in sala, come già è avvenuto in passato.”

 

Vediamoci uno dei primi trailer di questa nuova stagione !!

 


 

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