Il racconto di una rivoluzione gentile

Passato in concorso all’ultimo Festival di Venezia arriva nei cinema “Diva Futura” il nuovo film di Giulia Louise Steigerwalt (ricordate il suo bell’esorsio “Settembre” ?).

 

Italia, anni ’80/’90. Riccardo Schicchi, con la sua agenzia Diva Futura, rivoluziona la cultura di massa trasformando l’utopia hippie dell’amore libero in un nuovo fenomeno: il porno. Sotto la sua guida, “ragazze della porta accanto” come Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger e molte altre diventano all’improvviso dive di fama mondiale nel mondo del porno ed entrano nelle case degli italiani grazie al boom delle televisioni private e dei videoregistratori in VHS.
Viene coniata l’espressione “pornostar”, segnando l’inizio di una nuova era. L’impatto mediatico è travolgente fino a portare all’elezione in Parlamento di Ilona Staller, detta “Cicciolina”, alla nascita del Partito dell’Amore e alla candidatura di Moana Pozzi a sindaco di Roma.
È attraverso lo sguardo di Debora, giovane segretaria dell’agenzia con un mutuo sulle spalle, che viene raccontata l’avventura di questa grande “famiglia”, dove esplodono gelosie, tormenti e contraddizioni fino a perdere il controllo sull’industria stessa della pornografia.
Tutto questo è accaduto perché esisteva un desiderio tanto nascosto quanto grande: quello di tutti.

 

Con Pietro Castellitto, Barbara Ronchi, Denise Capezza, Tesa Litvan e Lidija Kordic.


 

Sentiamo la recensione della nostra inviata Virna Castiglioni:
 
“Diva futura” è il racconto, un po’ troppo edulcorato, di una rivoluzione gentile portata avanti con determinazione da un uomo sognatore e amante delle donne, di cui amava circondarsi fin dalla tenera età, quando capisce che la metà più bella e sensibile del genere umano risiede proprio nel femminile.
Pietro Castellitto, sempre più convincente in qualità di attore anche se esprime meglio se stesso in veste di regista, incarna il fondatore di questa fabbrica di desideri. Un Riccardo Schicchi giovane, libero ed entusiasta, uomo maturo sempre più convinto e orgoglioso della sua agenzia, malato e sofferente in un letto d’ospedale.

Un film corale che racconta la nascita di un sogno, osteggiato e combattuto, da una morale bacchettona. Moralità che non ha mai fatto parte della weltanschauung di Schicchi e del suo entourage che si è sempre considerato amorale ma mai immorale. Lo dice lui stesso al colloquio con una giovane e timida ragazza, interpretata con la consueta bravura da Barbara Ronchi, e le consiglia di non farsi mai definire dalle parole degli altri. Un consiglio che la giovane seguirà alla lettera prendendo la decisione di diventare segreteria in quell’ attività così particolare ma priva di aspetti per cui doversi vergognare.

Schicchi con la sua “Diva futura” ha sdoganato il mondo del porno, gli ha donato luce e ribalta ma lo ha fatto sempre in modo pulito, nel rispetto delle sue artiste che andavano sempre sublimate e mai mortificate. Una schiera di donne libere ed emancipate alle quali faceva un po’ da padre, fratello maggiore, confessore e amico. Con due di loro ebbe relazioni importanti.
Eva Henger, che divenne sua moglie e dal quale non si separò mai, lo rese padre per la prima volta anche se la figlia avuta da lei in un’ altra relazione precedente lo ha sempre considerato genitore. Un film che non insiste mai sul lato pruriginoso e voyeuristico della storia.

I toni con cui la regista Giulia Steigerwalt, alla sua seconda prova registica dopo il bellissimo esordio di “Settembre”, sceglie di raccontare un pezzo di storia e costume italiano sono sempre pacati e garbati.
La regia opera una lunga cavalcata che attraversa tre decenni (dal 1983 anno della sua fondazione al 2012 anno della morte di Schicchi) e, con grande fluidità, passa da un periodo all’altro, portando al presente ricordi e memorie del passato. Un film che non giudica, non condanna ma neppure esalta o incensa colui che ha inventato un’ industria sfruttando le fantasie erotiche con la complicità di donne che volevano essere padrone di sé stesse e fare quello che volevano decidendo della propria immagine e del proprio corpo. Il film è la ricostruzione di un’ epoca, di un modo di concepire la pornografia che non esiste più.

Commovente l’immagine di Schicchi, ormai gravemente malato, intento nel progetto della costruzione di un bunker per proteggersi dalla morte che sentiva ormai vicina e che richiamava quello presente negli uffici per difendere il materiale dalla minaccia continua e pressante della polizia che si accaniva con sequestri e arresti. La storia è narrata in un libro dalla segretaria reale dell’ agenzia.

Debora Attanasio ripercorre le tappe della sua vita all’interno di quel posto di lavoro nel libro “Non dite alla mamma che faccio la segretaria” edito da Sperling & Kupfer. Debora accettò quel lavoro senza mai perdere di vista il suo sogno. Diventare una giornalista. Schicchi da uomo generoso e di cuore l’ aiutò a perseguire il suo obiettivo attraverso i contatti instaurati, a insaputa della donna, con alcune redazioni giornalistiche importanti. La storia dell’agenzia dopo un inizio folgorante, nei primi anni 2000 raggiunse una parabola discendente, per poi spegnersi definitamente con la scomparsa del suo fondatore ma rimane, indelebile, scolpita nella memoria collettiva come gli uffici ormai chiusi ma ancora presenti sulla Cassia, a Roma.

Schicchi ebbe l’ onore e l’ onere di contribuire alla nascita della pornografia nel panorama italiano, ancora così bigotto e conservatore, operando una vera e propria trasformazione culturale del Paese, inventando anche il neologismo di pornostar, contribuendo a rendere immortali figure iconiche come Ilona Staller, Moana Pozzi ed Eva Henger.

Tutte e tre bellissime ma che avevano anche una forte personalità, grande carisma e fascino, capaci di intraprendere anche altre carriere. Il film si fa seguire e non annoia. Ha un buon ritmo alternando momenti temporali diversi e inserendo, a tempo debito e opportuno, anche molti filmati originali di TV e stampa.

Un lavoro meticoloso di ricostruzione storica di quegli anni viene fatta grazie a maestranze tecniche di valore con costumi, acconciature, arredi che hanno il sapore di amarcord e ci fanno rimpiangere un’ Italia così diversa da quella che conosciamo oggi. Sicuramente più provinciale e ingenua ma anche così creativa e sincera.”

 

E dopo tutte queste parole ecco il trailer italiano !!

 


 

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