Avevamo lasciato Todd Haynes lo scorso gennaio nell’uscita di Amicinema per vedere il suo bellissimo “Carol” e adesso un paio di anno dopo lo ritroviamo con “La stanza delle meraviglie” (Wonderstruck), presentato al festival di Cannes 2018 e tratto dal libro di Brian Selznick (lo stesso autore che Scorsese aveva riadattato in “Hugo Cabret”)
1977, Minnesota. Il dodicenne Ben è preda di un incubo ricorrente in cui viene inseguito da un branco di lupi. Una notte, cercando tra gli oggetti della madre, trova il vecchio catalogo di una mostra newyorkese sulle origini dei musei: i cosiddetti gabinetti delle meraviglie. C’è anche un biglietto, dentro, con l’indicazione di una libreria. E poi c’è un fulmine, che entra dal cavo del telefono e cambia la vita di Ben.
1927, New Jersey. Rose è una ragazzina che vive sola con il padre, isolata per via della sua sordità. La anima una grande passione per un’attrice, una diva del muto, di cui colleziona ogni notizia.
Ben e Rose, a distanza di tempo, compieranno lo stesso avventuroso viaggio attraverso New York, guidati dal comune bisogno di conoscere il loro posto nel mondo.
Nel cast Julianne Moore, Oakes Fegley, Millicent Simmonds, Jaden Michael, Michelle Williams, Cory Michael Smith e Tom Noonan.
Sentiamo la recensione della nostra inviata Anna Baisi:
“Il regista Todd Haynes dalla novel graphic “Wonderstruck” di Brian Selznick, autore di un libro da cui è stato già adattato “Hugo Cabret” di Martin Scorsese, ha tratto il suo “La stanza delle meraviglie” immergendoci nelle incertezze e nei turbamenti dell’infanzia e nel grande cinema qui esaltato nelle sue molteplici possibilità di espressione .
Questa favola è sospesa fra due epoche il 1927 – Rose – e il 1977 – Ben – perché i due giovani protagonisti vivono in due periodi storici completamente diversi ma le loro azioni si intrecciano in meravigliosi salti mortali temporali e visivi.
Rose ricca bimba timida vive con il padre, è sorda e sola, ed è ossessionata da una star del muto chiamata Lillian Mayhew ed è il motivo per cui fuggirà dal New Jersey in traghetto per trovarla.
Rose, silente creatura ci è raccontata con un caldo bianco nero e la sua storia è girata come un film muto, con musica di accompagnamento e Haynes aggiunge un tocco ancor più raffinato nel mostrarci Rose che estasiata e commossa guarda un film muto in bianco e nero…
Ben è un ragazzino che vive in una stanza-museo, un curatore in erba che raccoglie e colleziona aiutato dalla madre che le regala un vecchio libro che contiene un segnalibro con un indirizzo di una libreria di New York, sarà l’inizio della sua avventura che lo farà abbandonare il Minnesota alla ricerca del padre.
E’ un bambino tranquillo ma ossessionato da incubi che pullulano di lupi feroci e anche questo non è un caso ma tutto si spiegherà nel finale.
Il mondo di Ben è rappresentato con colori ed effetti musicali psichedelici, una canzone su tutte “Space Oddity” di David Bowie che rappresenta musicalmente il personaggio.
Ben viene improvvisamente reso sordo quando un fulmine colpisce la sua linea telefonica ma fugge dall’ospedale per trovare un posto migliore.
Entrambi i bambini sono senza madre, entrambi partono per una missione solitaria a New York e soprattutto entrambi finiscono nel Museo di Storia Naturale di Manhattan e il messaggio che Rose scarabocchia per se stessa “Where Do I Belong” (dov’è il mio posto? O io appartengo a questo posto) e cerca di nascondere in un meteorite sembra riguardare entrambi i protagonisti.
A New York Ben incontra un bambino di colore anche lui “solo” Jamie che lo aiuterà nella sua ricerca comunicando attraverso un block notes.
Film di iniziazione alla vita e alla speranza di due diversi che intrappolati in se stessi dal silenzio faticano ancor più di altri “normali” a capire le loro origini e il loro destino.
La soluzione del mistery del film e delle vite dei personaggi nella parte molto commovente del finale si rivelerà nel Museo di Queens dove in una spettacolare “location” costruita con passione ed amore da un personaggio importante ma che non vedremo mai i giovani o comunque chi lo è già intensamente stato trovano un modo di vivere insieme le loro rispettive solitudini.
Film formalmente perfetto perché Haynes non delude mai per il mio gusto personale egregio soprattutto nella parte che intervalla le vite dei due protagonisti nei diversi registri formali perché di una originalità e bellezza rara ed esaltante.
Todd Haynes pensa che la trama complessa che riserva sorprendenti rivelazioni sul passato di Ben e allo stesso tempo offre uno scorcio sul potenziale futuro di entrambi i personaggi, probabilmente avrà un forte impatto su tutti gli spettatori. “La storia esplora le rispettive motivazioni dei ragazzi, e i loro misteriosi parallelismi. Il pubblico comprende quanto sia importante seguire l’istinto, la curiosità, superare le proprie paure attraverso la creatività… Tutti possiedono il potere della trasformazione: attraverso ciò che impariamo attraverso i nostri occhi e ciò che possiamo fare con le nostre mani. Non riguarda solo il superamento della perdita e dell’ignoto, ma la possibilità di aprirci e di comunicare con gli altri”
Come da buona abitudine sentiamo anche le parole del regista californiano:
““La cosa incredibile e’ che questa è stata la prima volta in cui Brian Selznick ha adattato uno dei suoi libri. Ciò che ha scritto è molto cinematografico, ed
ero molto allettato all’idea di ri-visualizzare il suo bellissimo libro attraverso le lenti del cinema.
Il libro lavora a un livello più profondo, evoca l’immaginazione, permette di riempire autonomamente gli spazi, di prendere possesso della storia e di personalizzarla. La storia fondamentalmente ‘chiedeva’ di essere trasformata in film, soprattutto nel modo in cui si sviluppa a cavallo di due periodi storici ben definiti nell’arco di 50 anni, sullo sfondo della stessa città, creando quindi una continuità di spazio.
La cosa soprendente de “La stanza delle meraviglie” e’ che è nato proprio per essere un film parzialmente muto come i protagonisti.
La storia in bianco e nero doveva essere raccontata come un film muto, e il film muto gioca un ruolo nella storia stessa, perché la madre di Rose è una star del cinema dell’epoca. Nel frattempo Ben, che è sordo solo da poco, trascorre buona parte del film in un viaggio silenzioso in cui non conversa con nessuno, ma si limita a osservare. Quindi, le due storie interagiscono senza sonoro in modo assai diverso fra loro.
Il film offre una prospettiva ricca di sfumature, che si alterna fra musica e suoni ambientali, fra realtà oggettiva e percezione soggettiva di Ben, che ha ancora reminiscenze dei suoni. Il film suggerisce che Ben sia quasi perseguitato da una sorta di fantasma del suono, dal ricordo dei suoni.
Ho accettato di fare questo film perché non avevo mai fatto un film rivolto a un pubblico giovane e interpretato solo da giovani.
Ho voluto trovare un modo per accendere la fantasia dei bambini senza le convenzioni del suono, così come si riempiono gli spazi delle illustrazioni.
Quando chiedi agli spettatori di riempire gli spazi, questi mettono in moto un certo potere che tutti possediamo ma che spesso trascuriamo.”
Segnatevi poi la data del 20 giugno perche’ vedremo questo film nella terza uscita del mese di Amicinema e sicuramente sarà una serata da non perdere assolutamente !!
Ecco il trailer rilasciato per questa pellicola !!