Romanzo di una strage

Questo e’ lo spazio dedicato a tutti i commenti, critiche e spunti di discussione che vorrete lasciare sul film “Romanzo di una strage”

Dati tecnici:

Regia: Marco Tullio Giordana

Con: Valerio Masrtandrea, Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni, Michela Cescon, Laura Chiatti.

Durata: 129 minuti

 

Trama:

“Milano, 12 dicembre 1969. Alle 16h37 in piazza Fontana un’esplosione devasta la Banca Nazionale dell’Agricoltura, ancora piena di clienti. Muoiono diciassette persone e altre ottantotto rimangono gravemente ferite. Nello stesso momento, scoppiano a Roma altre tre bombe, un altro ordigno viene trovato inesploso a Milano. E’ evidente che si tratta di un piano eversivo. La Questura di Milano è convinta della pista anarchica, ci vorranno molti mesi prima che la verità venga a galla rivelando una cospirazione che lega ambienti neonazisti veneti a settori deviati dei servizi segreti.”


Trailer

http://www.youtube.com/watch?v=SIDBMbNMdnM

 

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  1. Lorenzo Catacchio scrive:

    Ho vissuto il clima culturale negli anni immediatamente successivi, da questo attentato è partita la “strategia della tensione” si diceva con la prima “strage di stato”, da questo punto di vista il film è focalizzato sui caratteri prima e sulle indagini poi ma non riesce forse perché obiettivo troppo ambizioso a far emergere questo contesto. Anzi secondo me il film è decisamente spostato alla tragedia molto più personale di Pinelli e al suo caso anche questo irrisolto – in piazza Fontana due lapidi non una lo ricordano a memoria

  2. Manuela Geri scrive:

    Tutto sommato ringrazio il fatto di essere stata ammalata mercoledì scorso, perché grazie ai vostri commenti e suggerimenti, andrò a vedere il film “preparata” ! Grazie :-) )

  3. Silvia Serra scrive:
  4. Cristina Ruggieri scrive:

    Ho letto molto su Piazza Fontana. Ho riconosciuto, o meglio mi aspettavo la loro comparsa sullo schermo, molti dei personaggi presentati nella prima parte. Conoscevo anche molte delle ipotesi investigative. Ma un personaggio mi ha comunque spiazzata. E’ quello che alla fine del film va a Milano a comunicare a Calabresi che lo vuole come suo collaboratore. Nel film non viene mai nominato. E’ Federico Umberto d’Amato (il nome sono riuscita a darglielo solo dopo varie ricerche), che per trent’anni, precisamente fino al ’74 è stato direttore dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno.
    E’ lui che il film mette in primo piano come traditore della democrazia italiana e dei suoi “figli” migliori: Moro, Calabresi, Pinelli, tutte brave persone, che si oppongono alla violenza, che credono nel dialogo. Tutti assassinati in nome di una contrapposizione che deve continuare a esistere (a causa della guerra fredda) e di una verità che non può essere conosciuta.
    Attraverso Federico Umberto d’Amato il film arriva ad accusare direttamente la CIA, delle cui direttive questo personaggio è esecutore.
    Intorno a loro si muove la società italiana, con le lotte in piazza per il lavoro, gli scontri tra fascisti e studenti di sinistra, gli anarchici, i cui circoli dopo il ’69 praticamente spariscono, lotta continua che radicalizza lo scontro trovando in Calabresi, a Milano, un facile capro espiatorio.
    Al di là della tesi di fondo, il film mi è piaciuto molto per come tratteggia i ritratti degli uomini chiave, Moro di Gifuni, ma anche l’idealità del giudice Paolillo di Lo Cascio, cui immediatamente tolgono le indagini, o la perseveranza e il senso dello Stato del giudice Stitz che finalmente riesce a far arrestare Freda e Ventura. Per non parlare di Favino/Pinelli e Mastandrea/Calabresi, i cui ruoli sono talmente intensi e riusciti che meriterebbero un altro film solo per loro.
    Infine, il personaggio per me più toccante, così lontana dalle donne dolenti cui i media ci hanno abituato, è Licia Pinelli magistralmente interpretata da Michela Cescon, secondo me una delle nostre attrici migliori.
    E se la storia di Federico Umberto d’Amato vi ha incuriosito, leggetevi anche voi la breve ma inquietante biografia che compare su Wikipedia:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Federico_Umberto_D%27Amato

  5. Vito Capozzo scrive:

    Pezzi deviati dello stato, che controllavano lo Stato, infiltrati delle forze dell”ordine nei movimenti estremisti di destra e sinistra. Vertici politici incapaci a prendere delle decisioni, la paura che l’Italia entri nella sfera di controllo geo-politico dell’Unione Sovietica.
    Il film è intenso, ben recitato, c’è pure un cameo della grande Giulia Lazzarini (interpreta la mamma di Pinelli).

  6. Ugo Besson scrive:

    Sono d’accordo, è un film forte, intenso, bravi attori, gestione efficace della complessità della vicenda, con i percorsi paralleli di piste e personaggi, anche se penso che molti giovani avrebbero bisogno di qualche info preliminare per capire chi sono e cosa rappresentano certi personaggi pubblici. È il primo film su questa vicenda storica recente così importante, e questo già è un merito dei registi, anche per fare conoscere questi fatti ai giovani, visto che in un sondaggio del 2006 fra studenti delle medie superiori di Milano solo il 58 per cento aveva sentito parlare della strage e fra questi il 42 per cento la attribuiva alle Brigate Rosse, il 39 alla mafia, il 22 agli anarchici, il 19 ai fascisti. Un tema rischioso e infatti si è sollevato un dibattito sui giornali con qualche polemica, su Repubblica sono intervenuti per esempio Scalfari, Mauro, Sofri e ieri anche i registi stessi.
    Il “romanzo” è centrato sulle tre figure di Calabresi, Pinelli e Moro, presentati come i “buoni” della vicenda. Oltre ai due principali personaggi, mi ha colpito la descrizione raffinata del personaggio Moro, sottile e prudente ragionatore, coerente e convinto difensore delle regole democratiche. Alcune cose però non mi convincono. Valpreda, accusato, condannato e infine assolto dopo anni carcere, è presentato in modo sfuggente e anche ambiguo. I titoli finali sono contraddittori, si scrive che la strage non ha colpevoli ma c’è una sentenza della Cassazione del 2005 (che è poi citata nei titoli finali), secondo cui la strage fu organizzata da “un gruppo eversivo costituito a Padova nell’ alveo di Ordine Nuovo capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura”, anche se la sentenza non ha avuto effetti pratici in quanto i due erano già stati “irrevocabilmente assolti” in precedenza. Quindi alcuni colpevoli ci sono.
    Secondo me il film poteva poi evitare di imbarcarsi nel sostegno della tesi delle due bombe, che ha creato ambiguità e polemiche. Proprio come romanzo e non contro-inchiesta doveva presentare i personaggi scelti, lo sfondo dell’epoca, la complessità degli intrecci di intrighi, come fa bene, senza poi presentare una sua tesi cmq discutibile. Mi sembra poi che nel dipingere lo sfondo dell’epoca manca la rappresentazione delle reazioni forti e decisive di forze politiche e sindacali, di sinistra e non solo, che anche con manifestazioni hanno subito decisamente condannato ogni terrorismo e difeso la democrazia.
    Cmq, all’uscita, dopo il turbamento nel vedere le trame oscure e le violenze della vicenda, mi sono venuti pensieri positivi: mi sembra che quel tempo sia passato, le trame eversive sono fallite, nessuno ora pensa in Italia a trame eversive, in Grecia, Spagna e Portogallo c’è democrazia… insomma siamo un po’ ottimisti, va già meglio…

  7. Silvia Serra scrive:

    Anche io mi schiero fra coloro che hanno apprezzato il film, e ritengo che la scelta di “sfuggire” da troppo facili emotività sia stata premiante per l’equilibrio complessivo della pellicola. L’unico rilievo che faccio è che forse Calabresi e Pinelli ne escono come figure quasi perfette, dipinte a volte come veri eroi “senza macchia e senza paura”, cosa mi sembra un po’ inverosimile rispetto ai ruoli ed al momento storico descritto. Spezzo invece una lancia a favore della ricostruzione dell’epoca, secondo me splendidamente curata in ogni dettaglio.

  8. Roberta Ottavianelli scrive:

    Ho apprezzato questo film dal punto di vista ideologico più che emotivo; ritengo importante che un regista italiano realizzi un film di impegno civile, perchè rimanga traccia di un periodo storico che ha segnato profondamente il Paese, perchè non si dimentichi che in Italia buona parte delle stragi non ha colpevoli e perchè è doveroso ricordare che la giustizia ha chiesto ai parenti delle vittime il pagamento delle spese processuali.

    Giordana ha fatto un film emotivamente asciutto e rigoroso, non scadendo nel facile pietismo e nella commozione (cosa che avrebbe potuto fare dando voce ai parenti delle vittime), contestualizzando bene il periodo e mantendeno un buon ritmo narrativo; mi sarebbe piaciuto se avesse riportato, a mo’ di sottotitoli, i nomi dei personaggi coinvolti, la prima volta che comparivano, giusto per orientarsi meglio.

    Ho apprezzato molto il modo intenso ed essenziale con cui ha tratteggiato la figura di Calabresi (bravissimo Mastrandrea), uomo di valori morali, che si scontrava con il sistema nel quale era inserito ma che comunque doveva accettare, sistema che ne ha fatto il capro espiatorio di una situazione di difficile gestione.

    Il film è basato sul libro di un giornalista d’inchiesta e quindi la ricostruzione dei fatti e le ipotesi risentono delle opinioni personali dello stesso, ma Giordana onestamente lo intitola romanzo e non documentario, chi vuole approfondire ha parecchi testi a disposizione.

    Ottimi attori, secondo me il meglio tra quelli che lavorano attualmente in Italia, con un plauso particolare a Mastrandrea e a Gifuni.

    • La scelta del titolo “Romanzo di una strage” non è casuale, rievoca sia nel metodo che nel merito il famoso aricolo di Pasolini uscito sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974, poi raccolòto negli “Scritti corsari”, un articolo in cui prendeva una posizione esplicita nei confronti dello stratigismo, denunciando la cosiddetta “strategia della tensione” come opera dello Stato, nel suo tentativo di attentare alle istituzioni democratiche e con l’aiuto della CIA compiere un colpo di Stato di maytrice militare, diventando baluardo antisovietico. Il quell’articolo Pasolini si appellava proprio al sapere senza prove dell’intellettuale, che ricostruisce trame, narrazioni, mette insieme pezzi apparentemente scollegati della realtà, pervenendo ad una verità che è tale, perchè plausibile, ma non dimostrabile fino in fondo, proprio perchè privata di quelle prove che il potere politico ha occultato e manipolato. Giordana è particolarmente affezionato a questo metodo romanzesco evocato da Pasolini, infatti è al centro del suo film dedicato all’oscura morte dello scrittore, nella cui ricostruzione “romanzesca”, appunto, questa posizione del Pasolini “corsaro” viene enfatizzata come l’attestazione di un personaggio divenuto ormai scomodo per tutte le parti politiche, al punto da fare probabilmente anche di lui una vittima della volontà omicida dei poteri forti.

  9. Deborah Leggeri scrive:

    Sono d’accordo con Stefano, anche se non sono all’altezza della sua analisi, e concordo sul fatto che il film non ha deviato verso facili divagazioni, o visioni o facili “commozioni”, però ha cercato di fare un’analisi abbastanza lucida, per quanto possibile, di ciò che è successo 43 anni fa e che non è stato ancora chiarito. Tanto di cappello a Giordana, che è sempre molto bravo, ed agli attori che ha scelto. Consideriamo che è la prima volta che qualcuno ha il coraggio d’affrontare un argomento così delicato nella nostra storia, argomento che, tra l’altro, appartiene davvero alla grande Storia e che è stato l’inizio di tante stragi ed uccisioni. L’unica figura che mi fa rimanere perplessa (più di tutta la vicenda in sè, che è appunto “perplessa”, e che fa sentire nelle sabbie mobili, come ha efficacemente scritto Stefano), è quella di Aldo Moro…. Aggiungo che porterò i miei alunni di terza media, dopo averli ovviamente preparati, a vedere il film, che mi sembra molto efficace anche per le giovanissime generazioni, che devono sapere.

    • Stefano Chiesa scrive:

      Bellissima idea Deborah quella di portare i tuoi alunni a vedere il film. La voglia di capire puo’ e deve essere coltivata gia’ da giovani. Ottimo commento comunque ;)

  10. Annafranca Geusa scrive:

    Di certo non è stato facile fare un film avvincente e obiettivo su una vicenda così poco chiara, ingarbugliata e oscura che dopo più di quaranta anni ancora è una triste e mai guarita ferita all’Italia. Riuscire a rendere il tumulto dell’animo di Calabresi, di Pinelli, di Moro, preso qui ad esempio (giusto?) di uomo di coscienza, seppur alla fine piegata alla ragion di stato, indipendentemente dal reale coinvolgimento degli stessi nelle relative vicende, è stato sicuramente più difficile, sia come lavoro di regia che degli attori. Ed è stato un successo. Che si sia seguita la verità “giusta” non potrà dirlo nessuno ma le interpretazioni di questa verità sono state eccellenti: il Pinelli buon padre di famiglia e compagno idealista e non violento, Calabresi un pò ingenuo e tanto volenteroso come in fondo lo sono tanti commissari pedine e vittime di poteri forti, istituzionali e no. Ma tante sono le figure chiave e tutti sono stati resi al meglio e magistrali le inquadrature che riprendono sui volti tutte le sfumature mostrando le espressioni più consone, furbizia, consapevolezza, connivenza, impotenza, arroganza, voglia di capire, dubbio. Merito di ottimi attori e regia. La costruzione a fasi scinde bene i momenti salienti di questa indagine infinita, rimarcando nella schematizzazione l’oscurità della vicenda. Alla fine di questa vicenda ne conosco solo un pò di più, ma lo sconforto è molto più grande. E soprattutto l’interrogativo più grande che mi sono posto è stato perché solo in Italia abbiamo tanti misteri da piazza Fontana a Ustica alla strage di Bologna e a cronache più recenti, tante ingerenze straniere, servizi deviati, nella nostra storia recente. Quanta debolezza politica e civile ha portato a tutto questo? Quanti blocchi di potere interni ed esterni hanno portato a questa infinita e mai risolta guerra civile? E soprattutto tutto ciò è finito con la fine degli anni di piombo? A me non sembra affatto e stiamo ancora pagando!

  11. Pietro Diomede scrive:

    Milano, 12 Dicembre 1969 alle ore 16 e 37 una bomba fa saltare in aria la Banca Nazionale dell’Agricoltura, morirono 17 persone e 88 i feriti.

    Questo triste episodio è meglio conosciuto come “La strage di Piazza Fontana”.

    Apro così la mia recensione per essere in linea con il film di Marco Tullio Giordana “Romanzo di una Strage”.

    Il regista, che in tutta la sua filmografia è stato un narratore di quegli anni oscuri e con tanti punti interrogativi, decide di tenere fuori qualsiasi trappola di un film a tema o di chiaro taglio politico-sociologico facendone un vero e proprio romanzo di storia contemporanea.

    Il suo intento è di raccontare a chi ancora non lo sa il clima dell’epoca (il famoso Autunno caldo), cosa è realmente successo e tutto quello che è venuto dopo con tanto di date ed eventi, di vittime e colpevoli (presunti e reali).

    Il film è diviso in capitoli con titoli ben chiari come fosse un libro del Di Nolfo. E all’interno di questa grande cornice storica Giordana rappresenta 2 uomini, piccoli nel grande contesto e soli fortemente soli:l’anarchico Giuseppe Pinelli e il commissario Luigi Calabresi.

    E’ questo il taglio narrativo usato: la Grande Storia raccontata tramite la Storia dei piccoli.

    La scelta di puntare su date ed eventi lasciando i messaggi ad altri film rende l’opera un tantino fredda e distaccata da un punto di vista stilistico, ma a me questo film asciutto anni’70 è particolarmente piaciuto perché lascia la parte emotiva direttamente alla bravura dei suoi interpreti.

    Valerio Mastandrea e Pierfrancesco Favino sono perfetti a incarnare l’umanità dei propri personaggi e ci permette comunque di rimanere emotivamente coinvolti alla storia.

    Non nego che nella scena del funerale di Pinelli, la dignità della vedova interpretata da una bravissima Michela Cescon mi ha fatto versare una lacrimuccia.

    L’ultima inquadratura del corpo inerme del commissario Calabresi è una sorta di passaggio di testimone di Marco Tullio Giordana ossia questa è un’altra Storia da raccontare…chi è il bravo regista che se la sente?

    Voto 7,5

  12. marco carini scrive:

    Premetto che mi riprometto di andarlo a rivedere. Forse non ero nelle condizioni migliori per apprezzarlo (ero in seconda fila, praticamente sotto lo schermo, tosse a go-go, caldo soffocante). Però a mio avviso il film fallisce proprio nei punti che dici tu. Nel senso che mi ha lasciato indifferente da un punto di vista emotivo. Indignazione, sdegno, rassegnazione sono emozioni che il film non mi ha suscitato per nulla. Mi è sembrato una semplice ricostruzione visiva dei fatti di allora. Tanto di cappello all’idea dell’autore di riportare a galla un episodio tragico della nostra storia che soprattutto i più giovani conoscono poco. Ma solamente perchè l’argomento di un film è interessante non significa che il film sia bello a livello artistico. Disponibile però a cambiare idea dopo una seconda visione.

    • Stefano Chiesa scrive:

      Secondo me Marco il film evita di ricercare il facile impatto emotivo tramite “scene madri”, musiche ad alto impatto o immagini ricercate… l’asciuttezza documentaria che Giordana utilizza permette di demandare la forza e il pathos alle vicende stesse, ai dialoghi, ai volti dei personaggi, ai silenzi, all’assurdità di quel gioco di scatole cinesi tra anarchici, fascisti e elementi dello stato.
      Forse la pellicola richiede una partecipazione maggiore di altre perche’ e’ lo spettatore a doversi calare nella fitta ragnatela del film e non viceversa.

  13. Stefano Chiesa scrive:

    Mi e’ sembrato davvero di muovermi nelle sabbie mobili guardando questo film di Giordana. L’impressione di sprofondare in un mare di bugie, egoismi, cinismo e crudeltà e’ stata forte e gia’ solo per questo potrei dire che “Romanzo di una strage” e’ un film riuscito.

    Regia ed interpretazione si incastrano perfettamente e il risultato e’ una pellicola che colpisce il cuore e la mente, fa riflettere e riempie di sdegno, senza cadere in banalità o colpi bassi emotivi. Per quello purtroppo basta raccontare semplicemente quello che e’ successo in quegli anni.

    Ammetto che l’inizio del film, affastellato di personaggi e vicende, e’ difficile da comprendere senza una adeguata preparazione e forse una possibile pecca dell’opera si cela nella mancata spiegazione e contestualizzazione dei protagonisti dell’epoca.

    Per questo consiglio prima della visione di leggersi almeno la storia ufficiale della vicenda e dopo leggersi i commenti e le interpretazioni delle persone coinvolte in quegli anni (ad esempio Sofri).

    Bravissimi tutti gli attori, da Mastandrea a Favino a Gifuni, la qualità di un film si vede anche dai personaggi comprimari che qui sono interpretati dal fior fiore dei caratteristi italiani.

    Obbligatorio per tutti coloro che ritengono che conoscere il nostro passato sia fondamentale per capire il nostro presente.

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