“Bones and all” e’ il primo film in terra americana di Luca Guadagnino, una pellicola premiata all’ultimo festival di Venezia per la miglior regia e che attraversa le grandi pianure del Midwest per seguire la dolce deriva di due dropout divisi fra la necessità di accettare la propria natura e la paura di combatterla.
Verso la metà degli anni 80, Maren vive con il padre in Virginia ed è un’adolescente come tante. La sua vera natura costringe però il padre ad abbandonarla e a lasciarla al suo destino. Rimasta sola, Maren parte alla ricerca della madre che non ha mai conosciuto e lungo il tragitto conosce persone come lei, vagabondi ed emarginati nella società americana dell’era Reagan, tra cui Lee, di poco più grande, sbandato e affascinante, con il quale Maren prosegue il suo viaggio.
Stato dopo stato, dal Maryland al Nebraska, incontro dopo incontro, Maren e Lee trovano la propria strada, incerti e spaventati di fronte all’irrompere del desiderio che li guida.
Ampio cast con Taylor Russell (vincitrice a Venezia del premio Mastroianni), l’ormai idolo Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, André Holland, Chloë Sevigny, David Gordon-Green, Jessica Harper, Jake Horowitz e Mark Rylance
La nostra inviata Anna Baisi era presente all’anteprima stampa e ci ha mandato questa bella recensione:
“L’ultimo film di Luca Guadagnino “Bones and All” è un film horror, un road movie, un coming of Age per la protagonista femminile e una storia d’amore teen e proibita che si svolge negli anni Ottanta e decreta il fallimento dell’American Dream reaganiano mostandoci il lato nero e vero dell’America degli outsider, dei derelitti che vivono ai margini della società, della spietatezza della sopravvivenza muovendosi per l’America del Midwest: dal Maryland verso l’Ohio, il Nebraska, l’Indiana e il Kentucky.
Maren interpretata da un’ottima Taylor Russell (vincitrice peraltro del Premio Marcello Mastroianni come migliore attrice esordiente alla 79^ Mostra del Cinema di Venezia) che con la mutilazione di un dito di una giovane amica ci rivela il suo terribile segreto di cannibale o “eater”: “disturbo” che ha costretto lei e suo padre alla fuga per anni.
Maren è cresciuta sotto la protezione del padre non “mangiatore” (André Holland) che se ne va però il giorno del suo diciottesimo compleanno lasciando dietro di sé un’audiocassetta che aiuta lei e noi spettatori a capire la sua particolare condizione con una voce fuori campo che a tratti nel film ci parla del suo passato.
Maren parte alla ricerca della madre, anch’essa mangiatrice, per scoprire la propria essenza: chi è ? perché lo fa? e anche per cercare di dissipare la segreta vergogna di questo suo modo di essere e di agire.
Lungo la strada scopre che ci sono altri segreti mangiatori che usano una frase che ricorda i classici Freaks di Tod Browning: “uno di noi” e il loro ethos è quello di non mangiare mai uno di loro e che la massima esperienza cannibale è mangiare qualcuno completamente: ossa e tutto il resto.
Il primo incontro di Maren è uno stravagante vagabondo di mezza età di nome Sully (un Mark Rylance triste e spettrale) che le insegna come fiutare gli altri mangiatori e riconoscerli.
E’ un personaggio portatore di solitudine inquietante e blesa, pietosa e minacciosa allo stesso tempo (la corda dove ha intrecciato i capelli delle sue prede è piuttosto inquietante) che mi ha fortemente impressionato nonostante sia un personaggio minore.
Più tardi incontra Lee (Timothée Chalamet) un giovane simpatico con i capelli ricci, folti e stravaganti jeans strappati in un minimarket dove scopre che anche lui ha la sua stessa natura per una scena inequivocabile che vedrete … scoppierà l’amore e comincerano a conoscersi anche con l’aiuto della sorella di Lee interpretata da Chloë Sevigny .
Per quanto raccapricciante Bones and All è meno un film dell’orrore e più una storia d’amore fuorilegge nella tradizione di Bonnie and Clyde e mi è capitato di avere più paura di ciò che potrebbe accadere a Maren e Lee che di ciò che loro potrebbero fare a chiunque altro.
C’è una dolcezza in Chalamet e Russell che rende difficile vederli come mostri e si percepisce che Guadagnino ha una visione empatica se non del tutto approvante dei loro gusti infatti pur essendo il film cattivo e spaventoso è sorprendente nel suo deformato idealismo romantico.
Il cannibalismo di Lee e Maren ha qualcosa di stranamente innocente e il risultato di Guadagnino è quello di provocarci con questa selvaggia assurdità e tuttavia a convincerci a credere che i protagonisti seppure orribili siano vittime del destino come Martin Sheen e Sissy Spacek in La rabbia giovane di Terrence Malick.
La compulsione a mangiare la carne ritratta in Bones and All è molto diversa dal cannibalismo di Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti che è molto più cinico forse è semplicemente una metafora della ribellione, dell’emarginazione, dell’identità dissenziente.
Maren incontrerà la madre ma le risposte arriveranno? Possono arrivare? E la storia d’amore con Lee come è destinata a concludersi? Questa fame di carne è anche fame di amore totalizzante che diviene quasi religioso in un frase di Lee nel finale che ricorda l’Ultima cena in cui Gesù offre il suo corpo.
Guadagnino ha voluto dedicare il Leone d’Argento per la miglior regia vinto alla 79^ Mostra del Cinema di Venezia 2022 ai registi iraniani Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, in carcere come Jafar Panahi: “Viva loro, viva la sovversione e viva il cinema”. E poi ai suoi mostri: “Non c’è posto per i mostri nel mondo dell’amore, è una frase a un certo punto pronunciata nel film ma oggi credo che il nostro desiderio di portare lo spettatore all’altezza di chi non è esattamente conforme forse sta riuscendo. Mi auguro che molte più persone possano abbracciare questi due amanti cannibali senza giudizi.”.
In un intervista ha detto anche: “Sono attratto da coloro che, forse per scelta, non sono al centro dei giochi. Per me, Bones and All è la storia di due persone che sono costrette a vivere ai margini della società. Non l’ho mai visto come spaventoso. Volevo che le persone amassero questi personaggi, li comprendessero, tifassero per loro e non li giudicassero. Il mio desiderio è che il pubblico veda in Maren e Lee il riflesso cinematografico di tutte le possibilità che fanno parte di noi in quanto esseri umani”.
A me, a parte qualche scena veramente stomachevole, il film è piaciuto anche se penso che forse il conflitto interiore e la forte tensione che anima i due protagonisti rimanga in parte inespressa soprattutto da parte di Chalamet ben più efficace in Call me by your Name.”
La curiosità e’ molta per questo trailer e adesso ce lo vediamo !!