Kaurismaki sicuramente è il principale riferimento artistico della coppia Dominique Abel e Fiona Gordon dei quali ricordiamo l’ottimo “Parigi a piedi nudi“.
Presentato in anteprima a Rendez-vous, il festival dedicato al Cinema francese esce “I misteri del Bar Étoile“.
L’ex attivista Boris lavora in incognito come barista all’Étoile Filante. Ma una delle sue vittime lo identifica e reclama vendetta. La comparsa di un sosia, il solitario Dom sembra fornire a Boris, alla sua ingegnosa compagna Kayoko e al loro fedele amico Tim un perfetto piano di fuga. Non hanno calcolato però la ex moglie di Dom, una sospettosa detective che si mette sulle loro tracce.
Sempre ovviamente con Fiona Gordon, Dominique Abel e poi Bruno Romy e Kaori Ito.
Sentiamo la recensione di Ugo Besson che ha visto in anteprima questo film:
“A Bruxelles, nel bar Ètoile troviamo il barista Boris, l’intraprendente proprietaria Kyoko (Kaori Ito), vestita di rosso, e l’amico buttafuori Tim (Philippe Martz). Entra un uomo, Georges, che cerca di uccidere Boris con una pistola, ma non ci riesce e fugge. Scopriamo che Boris ha un passato di militanza di estrema sinistra in cui ha compiuto attentati terroristici in Belgio, in uno dei quali è stato gravemente ferito Georges, che ora vuole vendicarsi. Scampato l’immediato pericolo, i tre pensano ad un piano per proteggere Boris, poi incontrano Dom, un uomo molto somigliante a Boris e decidono di fare una sostituzione di persona, portando Dom al bar ed esponendo così lui al pericolo, al posto di Boris. Si crea un intreccio un po’ thriller anche per l’intervento della ex moglie di Dom, che fa l’investigatrice privata.
Il film si sviluppa con un susseguirsi fantasioso di gag comiche, basate su una comicità fisica, spesso coreografica, che fa pensare a Chaplin o Buster Keaton o Jaques Tati. In alcune scene finali l’aspetto musicale esplode in una specie di danza moderna un po’ surreale mescolata agli avvenimenti che potrebbero diventare drammatici. Gli autori mostrano una grande cura e attenzione nelle inquadrature, le scelte dei colori e dei dettagli, spesso con gusto estetico. Gli attori parlano poco, la recitazione comica si basa soprattutto sulla mimica, il movimento del corpo, la sincronia gestuale dei personaggi in scena.
L’espediente del sosia moltiplica felicemente le occasioni comiche e gli equivoci, e fa venire in mente il film “Johnny Stecchino” di Benigni.
Sullo sfondo si pongono temi importanti come il terrorismo e la lotta armata di decenni fa e la crisi sociale attuale, con le manifestazioni per la sanità pubblica in difficoltà e carenza di risorse, ma questi temi sono solo sfiorati e annegano nella prevalenza dell’espressione comica. Nell’intreccio delle vicende personali emergono i problemi dell’elaborazione del lutto e della crisi sentimentale ma anche questi non intaccano il registro comico. Come hanno detto gli autori nella discussione dopo la proiezione, il loro stile espressivo è soprattutto quello dei clown.
Si sono posti il problema di trovare un equilibrio fra l’aspetto clownesco e lo sviluppo della trama della vicenda, il primo tendente a minimizzare i dialoghi, sfiorando scene da film muto. A me sembra che abbiano scelto una soluzione molto squilibrata a favore del comico clownesco.
Il film mostra una grande qualità della presentazione delle gag che sono costruite con grande efficacia e ritmi precisi, anche grazie all’abilità recitativa e fisica degli attori. È invece carente nello sviluppo dell’intreccio narrativo di quello che sarebbe un film giallo, che appare solo come un pretesto per mostrare scene comiche raffinate ed esilaranti.”
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