Nonostante la sua lunghezza (oltre 3 ore) “The Brutalist” è riuscito ad ottenere ben 10 candidature all’Oscar oltre a 3 premi importanti ai Golden Globe e il Leone d’argento per la regia l’ultimo Festival di Venezia.
Insomma il terzo film di Brady Corbet (“L’Infanzia di un Capo” e “Vox Lux”) è stato un grande successo di critica e ora lo aspettiamo con piacere in sala alla prova del pubblico.
Fuggendo dall’Europa del dopoguerra, l’architetto visionario László Toth arriva in America con l’obiettivo di ricostruire la sua vita, il suo lavoro e il suo matrimonio con la moglie Erzsébet, dopo essere stati separati durante la guerra a causa di confini mutevoli e regimi oppressivi.
Da solo in un paese sconosciuto, László si stabilisce in Pennsylvania, dove il ricco e influente industriale Harrison Lee Van Buren riconosce il suo talento nell’arte di costruire. Ma potere e eredità hanno un prezzo molto alto..
Protagonista assoluto il bravissimo Adrien Brody con Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn e Raffey Cassidy.
Sentiamo le parole del regista americano durante l’ultimo Festival del Cinema di Venezia:
“Non esiste una “confezione” migliore per il proprio lavoro, credo che sia abbastanza stupido valutare un’opera dalla sua durata. In vita mia ho letto delle fantastiche novelle così come dei bellissimi romanzi, non c’è una durata che fa sì che il film sia migliore o peggiore.
Per quanto riguarda poi la scelta del 70mm, volevo far sì che il film fosse il più fedele possibile al periodo in cui è ambientato, perciò utilizzare un formato che era stato progettato originariamente negli anni ’50 mi sembrava la scelta migliore che potessi fare.
In questi ultimi anni ho avuto uno scambio di opinioni con un architetto che io ammiro molto, ovvero Jean-Louis Cohen, venuto tristemente a mancare poco tempo fa. Lui scrisse un libro sull’architettura del secondo dopoguerra intitolato “Architecture in Uniform”, da cui il film prende parzialmente spunto soprattutto per quanto riguarda le scenografie.
Io gli chiesi se ci fosse mai stato qualche architetto che era riuscito a scappare dall’inferno della guerra in Europa per rifugiarsi negli USA, ma mi rispose che non c’era mai stato un personaggio capace di fare ciò. Io trovai la cosa molto inquietante, poiché ci sono stati così tanti artisti al di fuori della Bauhaus pieni di talento e di idee, di cui non siamo mai riusciti a vedere realizzate le loro opere, e così ho deciso di fare un film dedicandolo proprio a questi artisti, di cui László rappresenta, idealmente, la personificazione.
Judy Becker, la nostra scenografa, che ha già lavorato a film quali Carol, I Segreti di Brokeback Mountain, Io non sono qui, e tanti altri, è semplicemente geniale. Con un budget, purtroppo limitato, è riuscita a tirare fuori delle idee formidabili, ispirandosi talvolta alle opere di artisti quali Edward Hopper. Abbiamo poi preso tanti riferimenti provenienti dal cinema del passato, ad esempio per le coreografie ci siamo ispirati a Nodo alla Gola di Hitchcock.
Ho avuto la possibilità di lavorare con tanti grandi registi (Haneke, Assayas, Von Trier), cercando di imparare da loro il più possibile, ma la cosa che penso mi accomuni di più con questi autori, è il fatto che tutti abbiano dovuto soffrire molto in alcune fasi della loro carriera, arrivando talvolta a pagare a caro prezzo le conseguenze delle loro decisioni.”
Che ne dite di terminare con il trailer ufficiale ?