Vincitore del Premio Speciale della giuria al Festival di Cannes 2024 e candidato agli Oscar come Miglior Film internazionale, “Il seme del fico sacro” di Mohammad Rasoulof (“Il male non esiste“, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino qualche anno fa) arriva al cinema e, anche se è abusato dirlo, è un film importante e necessario.
Amin ha finalmente ottenuto, dopo due decenni di lavoro, la promozione che attendeva: è ora addetto agli interrogatori e spetta a lui rinviare dinanzi al giudice gli accusati per una condanna che poi sarà certa.
Ha una moglie devota e due figlie che studiano. La maggiore ha un’amica che viene gravemente sfigurata durante una manifestazione. Come aiutarla senza farlo sapere al capo famiglia? Per di più l’arma che e stata consegnata ad Amin al momento della promozione scompare da casa e lui rischia il carcere se non la si trova.
Tra gli attori possiamo citare Soheila Golestani, Missagh Zareh, Mahsa Rostami e Setareh Malek.
Sentiamo le interessanti parole del regista iraniano da una recente intervista:
“Sono ormai diciannove anni che sono in contatto con la censura e le forze di sicurezza iraniane, come poliziotti, interrogatori, persecutori.
Mi sono sempre chiesto “Cosa spinge queste persone a fare questo lavoro e ad appoggiare il Regime? Hanno qualche differenza biologica rispetto agli altri?”. Sono rimasto per anni senza una risposta ai miei quesiti, ma un giorno, quando ero in prigione durante il picco del movimento Woman, Life, Freedom, ho incontrato una guardia carceraria che mi ha raccontato in segreto la sua esperienza, di come si vergognava della sua esistenza per via di quello che aveva fatto e di come aveva contemplato più volte l’idea di togliersi la vita.
I suoi stessi figli lo mettevano in questo costante stato di pressione perché non riuscivano a capire perché lavorasse per il Regime e il sistema carcerario. Ho pensato che questo fosse uno spunto interessante per raccontare le vicende di un nucleo famigliare, la cui esistenza viene condizionata dal lavoro del padre e finalmente ho potuto analizzare quelle domande che avevo in testa da anni.
Ho voluto approfondire questo aspetto, studiare le diverse sfumature e ho capito che questo contrasto tra la modernità e l’islamismo sunnita ha sempre avuto un significato importante nella storia del Paese.
Ho cercato di strutturare la dinamica familiare per rispecchiare la Storia iraniana. L’ultima parte segue, di fatto, queste due diverse linee temporali, e si può trovare una connessione attraverso il concetto di patriarcato.
Ero interessato ad esplorare il suo impatto nella storia e nella società iraniana, ma allo stesso tempo volevo analizzare la vicenda di una famiglia e, più nello specifico, la situazione in cui si trova il personaggio di Iman.
Il film mostra la scalata di quest’uomo nella gerarchia sociale, all’inizio si può capire che lavorava come guardia carceraria e che poi è diventato un interrogatore, un prosecutore ed infine un giudice.
Quello che permette ad Iman questa evoluzione è la sua abilità nel sottomettersi al potere e all’ideologia del Regime. Per risaltare ancora di più il contrasto tra tradizione e modernità ho usato da una parte il simbolismo dietro alle rovine storiche (allegoria di un’antico, distrutto, ma comunque bellissimo, Iran) e dall’altra questo inseguimento costante tra Iman e il resto della famiglia, che è un ritratto della lotta continua per un cambiamento nella società.”
Finiamo come sempre con l’intenso trailer ufficiale !!