Oggi Amicinema vi racconta la vita e le opere del regista protagonista del film (“Educazione siberiana“) che vedremo questa sera nella classica uscita infrasettimanale: il premio oscar Gabriele Salvatores !!!
Salvatores nasce il 30 luglio 1950 a Napoli.
Nella città partenopea ci rimane pero’ davvero pochissimo e si trasferisce subito con la famiglia a Milano dove si diploma presso il Liceo Beccaria.
Milano e’ la sua alma mater artistica, ma inizialmente non cinetograficamente: il giovane Gabriele è attratto inesorabilmente dal mondo teatrale.
Inizia infatti la sua attività iscrivendosi all’Accademia del Piccolo Teatro e poi nel 1972 con azione che ancora oggi merita applausi, ovvero fondando il Teatro dell’Elfo, per il quale dirige molti spettacoli.
Proprio da uno di questi lavori nasce nel 1983 la sua prima regia cinematografica, “Sogno di una notte d’estate“: un coraggioso e affascinante ibrido di cinema, teatro, musica, danza, che mostra un talento ancora in erba.
Quattro anni dopo Salvatores arruola sei comici della scena milanese in “Kamikazen – Ultima notte a Milano“.
I personaggi sono Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania, Bebo Storti, Diego Abatantuono, Gigio Alberti, Silvio Orlando e Giovanni Storti (si proprio il Giovanni del trio).
La pellicola ispirata alla pièce “Comedians” di Trevor Griffith che Salvatores aveva già portato in palcoscenico all’Elfo, segna la sua collaborazione con quelli che poi diventeranno, nel bene e nel male, i suoi attori preferiti.
Dal 1989 Salvatores inizia a produrre alcuni dei film piu’ importanti della sua carriera, quelli che la critica chiama la “Trilogia della fuga” visto che il tema e’ appunto quello della fuga da una realtà che non si comprende o non si vuole accettare e per la quale è inutile un tentativo di cambiamento. E poi il tema del viaggio strettamente legato a questo e il senso dell’amicizia, tipicamente maschile.
Il primo film e’ “Marrakech Express“, titolo che deriva da una delle canzoni eseguite a Woodstock nel ’69, storia di quattro reduci del Sessantotto che si ritrovano dopo dieci anni per aiutare un amico arrestato in Marocco.
Al consueto cast si uniscono Fabrizio Bentivoglio e Giuseppe Cederna per un film che vinse il premio Solinas per la sceneggiatura firmata da Carlo Mazzacurati.
La scena della partita di pallone e’ rimasta nella storia del cinema italiano ed e’ stata copiata anche in tempi recenti.
L’anno successivo è la volta di Turnè. Storia di un triangolo amoroso interpretato sempre da Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio e Laura Morante, Turnè è uno dei migliori film di sempre di Salvatores, una commedia intrisa di malinconia. Una volta tanto i personaggi di una commedia italiana hanno contorni amari e l’umorismo che ne scaturisce è insolito.
Il 1991 è l’anno di “Mediterraneo” e Salvatores diventa, almeno in Italia, una star.
Nella primavera del 1941 durante la seconda guerra mondiale, otto militari italiani ricevono l’ordine di recarsi sull’isola greca di Syrna per controllare l’effettiva ritirata dei tedeschi e presidiare la zona.
Ingannati da un turco di passaggio e derubati anche delle armi, i soldati smettono le uniformi e adottano gli abiti civili del posto decidendo di non ritornare piu’ in Italia.
Il film ha un successo strepitoso e si aggiudica tutti i premi possibili: oscar per il miglior film straniero, tre premi David di Donatello, Nastro d’Argento per la regia.
L’opera e’ appunto il culmine della trilogia di cui sopra riassumendo perfettamente (grazie anche ad un cast ineccepibile) le tematiche di Salvatores.
Mediterraneo e’ un racconto di formazione, un apologo sull’amicizia virile, sulla fuga e su una generazione (quella del regista) che non si riconosce piu’ nel mondo attuale.
Negli due anni successivi Salvatores non trova piu’ l’ispirazione dei film migliori e dirige due mediocri film come Puerto Escondido (1992 con Abatantuono, Bisio e la Golino) e Sud (1993 con Francesca Neri e Silvio Orlando).
Nel 1997 assistiamo ad un inconsueto e coraggioso cambio di genere, ovvero la produzione di un film di fantascienza.
“Nirvana” riscuoterà un buon successo di pubblico e di critica.
Ambientato nel 2005, in una metropoli stile Blade Runner, racconta la storia di tre uomini che cercano di sfuggire all’infelicità della propria vita reale o immaginaria: Jimi, ideatore del videogioco Nirvana; Solo, protagonista del videogioco, e Joystick, hacker di periferia, perseguitato da nemici e creditori, che ha venduto le sue cornee sostituendole con protesi elettroniche.
Il film recupera il cast classico di Salvatores (piu’ Cristopher Lambert) in un contesto diverso dal solito e anche se non tutto fila liscio, l’opera si lascia guardare con piacere.
Meno succederà con i successivi e debolucci “Denti” e “Amnèsia“, entrambi con Sergio Rubini.
L’ispirazione a volte e’ un fenomeno misterioso e ritorna quando meno la si aspetta.
Dopo un lungo periodo di appannamento ritorna a trovare Salvatores con un bellissimo film tratto da un romanzo di Niccolò Ammaniti.
“Io non ho paura” (2003) riconsegna al cinema italiano un regista rigenerato che riesce a non tradire lo spirito e la magia del testo letterario e anzi a ricoprirlo delle suggestioni che solo il cinema puo’ fornire.
Siamo nel 1978, l’estate più calda del secolo. Nel piccolo borgo di Acque Traverse tutto sembra immobile e addormentato: la scuola è chiusa, gli adulti restano tappati in casa, sopraffatti dall’afa. Solo un manipolo di ragazzini scorrazza liberamente fra il paese e la campagna circostante, tra giochi e scorribande. E proprio durante una di queste, il piccolo Michele, nove anni, si imbatterà in un incredibile segreto: gli adulti tengono un bambino segregato in un pozzo, dentro una casa abbandonata.
Anche il cast viene diretto alla perfezione e Diego Abatantuono nel ruolo di Sergio, capobanda trucido e ottuso al limite della stupidità, offre una prova convincente finalmente al di fuori dei suoi soliti cliché.
Completano il tutto i panorami agresti di una Basilicata mai cosi’ bella.
Salvatores a questo punto decide di dedicarsi ad un nuovo genere (ovviamente per lui), ovvero il noir.la prima volta con “Quo vadis baby?“, e’ tratto dall’omonimo romanzo di Grazia Verasani e racconta le storie di Giorgia Cantini, trentanovenne single, alcolista e investigatore privato.
Con questo film il regista milanese dimostra di possedere il giusto sguardo per connotare di nero l’atmosfera del suo film e riesce a scegliere i volti giusti per un’opera di questo tipo, su tutti Angela Baraldi e Gigio Alberti.
Nel 2008 dirige “Come Dio comanda“, sempre tratto da un romanzo Ammaniti, mentre nel 2010 arriva nelle sale con la commedia “Happy Family” che e’ uno dei film piu’ apprezzati della stagione.
Da questo film (con Fabio De Luigi, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio e Margherita Buy) vi mostriamo questo estratto musicale nel quale oltre che Chopin la protagonista principale e’ una bellissima Milano notturna.
E come sempre le prove non finiscono mai e questa sera affileremo il giudizio e manterremo alte le nostre aspettative per “Educazione Siberiana“.
D’altronde ci aspettiamo sempre molto da un regista come Salvatores !!!